Da un punto di vista comportamentale il soggetto timido tende, in modo quasi sistematico, a una posizione di attesa, egli è fermo. Non c'è un andare verso, né un cercare l'altro. L'andare verso è un comportamento delegato all'altro.
Se nel maschio ciò può determinare un’impossibilità di costruzione di relazione, nella donna si può tradurre in un frapporre filtri e ostacoli al possibile sviluppo di relazione.
Questo essere fermo, annichilisce la propria identità, il proprio essere, facendo sì che esso si determini in subordine all'altro, in relazione al giudizio di questi letto fondamentalmente attraverso i suoi comportamenti.
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Max Ernst - la coppia |
La persona timida vive il giudizio dell'altro e, nello stesso tempo, legge in esso ciò che egli pensa di sé.
La sua identità non è, dunque, il sé oggettivo, ma l'idea di sé che ritiene di leggere nei comportamenti dell'altro, vissuti come giudizio espresso nei suoi confronti.
Le credenze di base, relative alla propria persona, finiscono con il coincidere con l'interpretazione che egli fa del comportamento dell'altro, visto come forma di valutazione svolta nei suoi confronti: nell'altro egli legge l'idea che ha di sé.
Un altro fenomeno cognitivo che può verificarsi, è l'attribuzione all'altro di timori che sono propri, una sorta di transfert inverso.
In questa prospettiva, nel mondo percettivo del soggetto timido, l'altro diventa l'immagine speculare di sé, nella quale sono riflesse l'insieme delle credenze di base, dei pensieri automatici, dei moti emotivi, le ansie.
Dall'altro cerca risposte, approvazione, accettazione ma, nello stesso tempo, il soggetto timido si sente scoperto, nudo, privo di difese, trasparente e, pertanto, alla mercé dell'altro. Un altro che diventa invasivo, dominante, potente, in certi casi avverso.
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Dalì - desideri inappagati |
Vogliamo riassumere brevemente?
- Immobilità,
- attesa,
- identità sospesa,
- trasferimento del sé oggettivo al sé percepito,
- l'altro vissuto come propria immagine speculare,
- l'altro vissuto come entità invasiva,
- l'altro vissuto come soggetto giudicante.
Molto frequenti sono i comportamenti elusivi, pur accettando di vivere l'esperienza di relazione e/o sessuale, i soggetti timidi adottano modalità operative tese a ridurre l'impatto ansiogeno o a nascondere, all'altro e a se stessi, le proprie presunte carenze. Molto spesso questo comportamento si manifesta sotto la forma della rinuncia alle decisioni e quindi all'iniziativa.
Chi ha letto il mio libro "addio timidezza" e/o ha seguito con costanza gli articoli che ho pubblicato, avrà già intuito quali sono i processi cognitivi che sottintendono gli elementi che ho fin qui descritto.
Da una parte c'è il percepirsi come soggetti poco abili, deboli, imbranati, sull'orlo del precipizio, dall'altra parte la grande paura di tale percepirsi possa manifestarsi concretamente nella relazione, rendendo totalmente e pienamente evidente ciò che fino a quel momento è rimasto segregato nel silenzio proprio e nel silenzio presunto dell'altro. Se nella segregazione delle valutazioni, può valere il "occhio non vede cuore non vuole", nell’esplicitazione di ciò che era "sottinteso", c'è il crollo, il fallimento, il baratro.
Quando l'immobilità e i comportamenti evitanti, decretano uno stato di solitudine e/o un’impossibilità di instaurazione di una relazione a due, l'individuo timido - nel tentativo di uscire dall'impasse - tende alla negazione della finalità strutturale della sessualità che è quella del piacere. La definalizzazione sposta l'interesse su altri canali che generalmente fanno riferimento a valori etici, filosofici e/o morali, attraverso il richiamo ai sentimenti, alla capacità di comprensione ed empatia, ai valori della solidarietà e della vicinanza, alla profondità della condivisione.
Attraverso la definalizzazione egli giustifica l'espropriazione della sua identità, ponendosi in questo modo, come un'entità la cui identità può conformarsi ai desideri dell'altro, e adotta quei comportamenti che ritiene utili a soddisfare le presunte attese dell'altro: sono come tu mi vuoi.
Nella realtà la definalizzazione opera una forzatura che rende l'idea della relazione come qualcosa di innaturale, negando l'importanza strutturale del piacere, si nega anche tutto ciò che è implicitamente connesso con esso, quindi la finalità riproduttiva, le identità propriamente sessuali, l'importanza che ciascun individuo assegna all'affermazione di sé come appartenente ad una categoria sessuale e che può verificarsi solo attraverso il rapporto sessuale.
Queste negazioni implicite producono una reazione inversa a quella sperata dal soggetto timido. L'altro, pur potendo apprezzare i valori ideali (più adatti al ruolo di un amico/a) non riuscendo a leggere una funzione importante dell'essere coppia (sessualità), è tentato a rinunciare alla relazione.
D'altra parte non si può nemmeno non tener conto degli istinti animali (riproduzione) che pure svolgono un ruolo determinante nella scelta del partner.
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