17 febbraio 2014

Il fantasticare è un’attività creativa piuttosto diffusa nel genere umano. Tuttavia, nelle varie forme di ansia sociale, e quindi anche nella timidezza, oltre ad essere un esercizio proteso verso il mondo esterno, assume anche la peculiare caratteristica di dirigere l’attenzione verso le percezioni del sé nelle relazioni con gli altri. 

Il territorio immaginifico del contesto sociale in cui si svolge la costruzione fantastica sarebbe, dunque, la scena in cui la percezione del sé entra in relazione con il desiderio di essere altro da sé. 

In ciò concorre il problema dualistico dell’accettazione di se stessi, e di sé presso gli altri.

Quando si ha il problema dell'accettazione, l'io che sogniamo di essere, è privo di quelle carenze che riteniamo di avere; è un io che sa muoversi nel mondo delle relazioni, che sa affermarsi, che riscuote successo, stima e apprezzamento; che sa gestire il proprio ruolo sociale, che è abile nel problem-solving, che in certi casi è geniale. È un io attraente, che ha personalità, è l'io ideale che vorremmo essere agli occhi degli altri, tali da essere facilmente oggetto dell'amore altrui, è l'io che viene socialmente accettato.

Il problema dell’accettazione di sé presso gli altri, non comporta, necessariamente, la non accettazione di sé verso se stessi. In certi casi, il sogno ad occhi aperti, che si muove in questo solco, può anche essere espressione del desiderio di affermare ciò che si è nei contesti sociali. Qui possono entrare in gioco le credenze sugli altri e il problema del controllo.

Se la persona timida desidera essere altro da sé, il problema dell’accettazione implica anche quello della competenza. Tra queste può esservi una relazione concomitante o discendente e, in tal caso, l’una è una derivata dell’altra.

A ogni conto, il sogno ad occhi aperti esprime il desiderio di riscatto sociale.

Alberta, la cui credenza di base è, “non sono bella”, sogna di essere tanto bella, da essere oggetto del desiderio l’ammirazione di tutti. Michele, la cui credenza di base “non sono attraente come persona”, sogna i commenti positivi di altri, sulla sua persona e le sue abilità, alla presenza della donna di cui è segretamente innamorato. Sandro, la cui credenza di base è, “sono un fallito”, sogna di essere lo scienziato che salva il mondo dalla catastrofe assoluta, e finisce con l’essere venerato, amato e vezzeggiato. Sara la cui credenza di base è “sono una stupida”, s’immagina con l’uomo che ama, senza blocchi emotivi, sciolta, loquace, sorridente, amabile.

È indubbiamente una fuga dalla realtà di un presente che non si riesce a vivere, una sorta di liberazione, una consolazione per non continuare ad affondare in un magma di pensieri negativi. E pur tuttavia è, al tempo stesso, un presente prigioniero della dimensione mentale, e proprio per questo, ancora una volta non vissuto.

Ciò nonostante penso che l'utilità o il danno, dipendano dalla frequenza con cui si ricorre a tale pratica; dalla durata di ognuno di questi momenti; in quali contesti reali, situazioni o momenti della giornata si svolgono; da quanto si è ansiosi sociali. 
Pensare di abbandonare una pratica di punto in bianco può essere deleterio o fallimentare, molto meglio puntare a gestire.
Si può provare, e qui si tratta in un certo senso di sperimentare, con l'associare la pratica del sogno ad occhi aperti, con quella della meditazione consapevole, accoppiandole o alternandole. 

1 commento:

  1. Sono stata una daydreamer sin dall’infanzia, la mia vita (evidentemente) mi annoiava ed allora immaginavo situazioni fantastiche di cui ero la protagonista.
    Ho continuato sino all’età adulta (43 anni!), passando attraverso varie fasi.
    DA bambina i miei compagni di avventure erano spesso personaggi fantastici, in età adulta i miei compagni di avventure erano personaggi reali che conoscevo o che comunque avrei potuto conoscere, io invece non ero io (almeno fisicamente), ero una donna bella affascinante ed ammirata che della vera me aveva solo alcuni tratti caratteriali.
    Ho sempre guardato con sospetto a questa attività, mi impegnava per troppo tempo, e soprattutto il mio timore era che finché vivevo nel sogno fuggivo dalla realtà e quindi di fatto qualsiasi miglioramento nella mia vita reale era escluso.
    La mia vita fa schifo quindi mi rifugio nel sogno, più sogno più la mia vita fa schifo perché invece di agire evado, un po’ come una droga insomma. Proprio come per una droga però non riuscivo a smettere.
    Ho scoperto che il mio problema aveva un nome, ”ANSIA SOCIALE” ed ho iniziato un percorso sotto la guida di Luigi che è la persona che gestisce questo blog.
    Ho fatto una scoperta: quelle persone che sanno sempre cosa dire, cosa fare, che sono perfettamente integrate con l’ambiente che le circonda non sono così per magia, hanno semplicemente delle abilità sociali. Queste abilità di solito si sviluppano con la crescita e l’educazione, ad alcuni di noi questo è mancato ed allora devono apprenderle dopo.
    Man mano che sono andata avanti con il percorso la mia esigenza di daydreaming è diminuita, nel giro di pochi giorni mi sono liberata del mio alter ego, la sua vita, le sue avventure sono adesso per me come le favole che mi raccontavano da bambina, belle allora ma adesso non mi appartengono più.
    Di contro comincio ad essere sempre più attiva nella mia vera esistenza, ho chiamato al telefono una persona verso cui sento una certa attrazione (invece di aspettare che lui si accorga dei miei “segnali”), agisco per far accadere le cose che fino a poco tempo fa “speravo che accadessero”.
    Ho capito inoltre che il daydreaming non era la causa dei problemi che incontravo nella mia vita , era l’effetto.
    Se la tua vita ti passa davanti come un film su uno schermo, se riesci ad interagire poco o niente con lei è chiaro che devi trovarti uno sfogo emozionale!!
    Nel momento in cui apprendi come interagire ti accorgi che hai quasi il potere di scrivere la sceneggiatura della tua vita, ed allora la realtà diventa molto più interessante del sogno!!

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Grazie per il commento