In psicologia, per cognizione s’intende, per una parte, la
facoltà di assumere informazioni sul proprio ambiente, di immagazzinarle,
studiarle, farne valutazioni, elaborarle, modificarle; dall’altra l’atto stesso
del conoscere.
La finalità ultima della cognizione è di permettere
all’organismo di adattarsi all’ambiente o di modificarlo in funzione dei propri
scopi, bisogni e necessità. Al tempo stesso ha anche la funzione di adattare se
stessa per il raggiungimento degli obiettivi.
La cognizione è, pertanto, la capacità che ci permette di
interpretare il mondo reale e di acquisirne consapevolezza. Essa è, dunque,
attinente al dominio della descrizione.
Intesa come facoltà, la cognizione è un insieme di funzioni
che determinano l’attività della nostra mente, quali il ragionamento, l’intelligenza,
la percezione, il linguaggio, la memoria a lungo e breve termine, il sapere, il
pensare.
Quando l’interazione tra le funzioni della cognizione, è
rivolta verso se stessa, si ha un salto di livello: essa è capace di auto
analizzarsi e auto direzionarsi. Questa forma più complessa di cognizione è
chiamata metacognizione. È, allo stesso tempo, un costrutto teorico e uno
strumento di apprendimento.
È attraverso la metacognizione che possiamo indagare sui
nostri pensieri. In quanto costrutto teorico ci permette di riflettere sul
fenomeno conoscitivo, sulle motivazioni che ci inducono all’apprendimento, su
cosa apprendiamo e come lo facciamo. In quest’ottica, la metacognizione si configura
anche come stile del pensare, cioè come modo di indirizzare il pensiero o,
detto in altri termini, il modo di disporsi della mente nell’elaborazione dei
propri dati di conoscenza e di esperienza.
Possiamo dire che la metacognizione è una cognizione di
secondo livello votata alla gestione dei processi cognitivi. Da questo puntò di
vista si potrebbe affermare che mentre la cognizione è conoscenza o pensiero di
base, la metacognizione è conoscenza della cognizione o pensiero di base.
Ma cosa c’entrano timidezza e ansia sociale con cognizioni e
metacognizioni?
Sappiamo che buona parte delle nostre cognizioni e
metacognizioni sono rivolte alla conoscenza del sé, degli altri (l’altro da sé)
e del mondo come consesso sociale.
Le credenze, di cui ho scritto con grande
frequenza, che sono costrutti interpretativi della realtà riguardanti se
stessi, gli altri e il mondo, sono cognizioni di base che costituiscono il
nocciolo fondante su cui si basano tutte le nostre elaborazioni mentali.
Le credenze condizionali, quelle doverizzanti, i motti, i leitmotiv,
le assunzioni, sono sostanzialmente metacognizioni.
Ora, tutto ciò che noi pensiamo gli altri e di noi stessi,
si ripercuote sul nostro modo di pensare, su come interpretiamo eventi, situazioni,
comportamenti (intesi come ciò che si dice e ciò che si fa) ed esperienze
interiori. Tutte le nostre decisioni e, di conseguenza, i comportamenti che
poniamo in essere, sono il risultato esternalizzato e finale dei nostri
processi cognitivi.
Cognizioni e metacognizioni, essendo fattori di elaborazione
di stimoli (informazioni grezze che ci pervengono), ci permettono di valutare
se una determinata esperienza ha contenuti utili o dannosi per la nostra vita o
i nostri obiettivi.
Ciò significa che da loro partono le valutazioni di minaccia o pericolo che fanno scattare le emozioni (paura, panico, tristezza,
eccetera) e della conseguente attivazione delle condizioni fisiologiche di stato
di allerta (ansia) per la fuga o la lotta (evitamento, elusione, estraniazione, fuga,
affrontamento diretto).
Molte cognizioni sono di natura inconscia e ciò implica, che
di esse, non abbiamo una reale consapevolezza, ma possono pervenire al nostro
stato cosciente in forme di difficile intelligibilità, in genere come pensieri automatici negativi.
Anche molte metacognizioni sono di natura inconscia. Molte
di queste hanno carattere di automaticità, queste pur essendo in certi casi,
modi del pensare persino espresse anche in modo esternalizzato, non raggiungono
un livello di consapevolezza reale soprattutto perché operano come se fossero
delle routine e, pertanto, by passano una diretta elaborazione cosciente della
loro formulazione. Traccia della loro esistenza è visibile, dall’esterno, nei
comportamenti.
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