Quando una persona timida
dice “non mi so esprimere”, ci informa, implicitamente, di quattro cose: ha un
atteggiamento giudicante di se stessa, in senso negativo; ha la tendenza ad
auto svalutarsi, facendo, quindi, emergere una bassa autostima; lascia
intendere di non conoscere modelli d’interazione sociale; ci informa di una probabile
storia personale vissuta in un ambiente inadeguato a trasmettere abilità
sociali.
I problemi dell’esprimere possono essere originati da
diversi fattori, spesso compresenti e interagenti tra loro. In certi casi, tra
questi fattori, vi può essere anche una relazione causale che implica
componenti originari e indotti.
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Celiberti Giorgio - civilta |
L’apprendimento di modelli d’interazione, cioè di abilitàsociali, è forse, l’aspetto più diffuso tra le cause che conducono i soggetti timidi ad avere difficoltà nell’esprimersi.
L’apprendimento si acquisisce nell’interazione sociale, per
via emulativa, per similitudine, per mezzo di esempi, per prova ed errore, come
trasmissione culturale.
L’intera fascia temporale, che va dalla prima infanzia all’inizio
dell’adolescenza, è essenziale per l’assimilazione di modelli d’interazione
funzionali all’adattamento efficace alla vita sociale.
Una famiglia carente nei comportamenti assertivi, oppure
repressiva, o iperprotettiva, o con gravi problemi d’inserimento sociale,
oppure disastrata al proprio interno, o in cui le figure di riferimento sono
soggetti che presentano livelli di problematicità, costituisce una forte
barriera che s’interpone tra il bambino o l’adolescente e l’apprendimento delle
necessarie abilità sociali.
Vi sono, però, casi in cui una persona
timida, pur essendo in possesso di sufficienti abilità sociali, non
riesce a esplicarle.
Accade quando entra in gioco l'inibizione ansiogena.
A
giocare questo brutto scherzo, sono l’insieme dei pensieri negativi che
affollano la mente, sia nello stato cosciente, sia nel livello inconscio.
Si
tratta di schemi cognitivi disfunzionali che chiamano in causa, sia le credenzedi base (definizioni del sé e degli altri), sia le metacognizioni (credenze
intermedie, stili e modalità del pensare), sia i pensieri automatici negativi.
Infatti, nel momento in cui il pensare negativo si profila
nella mente del soggetto timido, si attivano le
funzioni neurologiche che producono le emozioni negative (paura), e la
conseguente predisposizione dell’organismo alla lotta o alla fuga (sintomi
dell’ansia) e, quindi, l’inibizione ansiogena: l’impappinamento, l’impaccio, il
blocco fisico o mentale, l’afasia, l’inefficienza delle attività motorie,
eccetera.
L’ansioso sociale è travolto
da pensieri negativi previsionali (“e se mi blocco?”, “Mi andrà male come al
solito”, “penseranno che sono un incapace”, “finirò col sbagliare tutto”); da
pensieri negativi di auto valutazione (“non ci so fare”, “questa cosa non è per
me”, “sono inferiore a loro”, “questo è troppo difficile”); da immagini mentali
di fallimento come, ad esempio, immaginarsi le facce perplesse di figure di
riferimento o la derisione di persone conosciute; da pensieri catastrofici (“con
quale faccia potrò farmi vedere in giro?!”, “Se mi va male, sarà un vero
fallimento”); da sensazioni negative (“sento che non sono pronto”, “o brutti
presagi”, “mi sento tutti gli occhi addosso”).
L’idea del fallimento e dell’incapacità conduce alla
valutazione di ogni situazione come contenente una minaccia o pericolo
(materiale o immateriale) immanente, certa o ad altissima probabilità che possa
verificarsi.
L’idea dell’insuccesso innesca l’inibizione ansiogena, per cui, se
la persona timida tenta di affrontare la
situazione, piuttosto che evitarla, non fa trovandosi con una gran paura addosso
e in vari sintomi d’ansia come, ad esempio, una gran quantità di fasce
muscolari contratte inutilmente e che rendono meno sciolti i movimenti,
sudorazione, battito cardiaco accelerato. L’ansioso sociale, in questa
condizione, pur cercando di vivere l’esperienza, viene a trovarsi in una sorta
di blocco parziale delle proprie capacità fisiche e cognitive. Tutto ciò lo
porta a non riuscire a utilizzare appieno, e in modo funzionale, tutto il
proprio repertorio di abilità sociali.
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