Il bullismo è un fenomeno sociale dalle molteplici
sfaccettature. Va considerato che le figure coinvolte sono generalmente tre:
l’agente, chi compie materialmente l’atto da bullo; il ricevente, chi subisce
il comportamento violento; lo spettatore che assiste senza intervenire
fisicamente, ma che partecipa emotivamente all’evento.
Ciascuna di queste tre
figure può configurarsi come categoria e, in quanto tale, è scomponibile in
diversi quadri psicologici.
Pensare che il comportamento bullista sia solo il risultato
di una mancata educazione alla socialità, significa ignorare il background
culturale che lo sottende, le dinamiche psicologiche legate al problema di
accettazione sociale, e/o di affermazione d’identità che possono sussistere nella
psiche del bullo.
Tutte problematiche
favorite, non solo nella mancanza di assertività nell’ambiente i cui si formano
questi soggetti, ma anche da un sistema di comunicazione che veicola
continuamente e massivamente messaggi di violenza, vedi, ad esempio, la gran
parte del cinema e della fiction, che trasmette modelli ispirati a ideali di
forte competizione, di successo, forza, efficienza, predominio, dell’essere
vincenti: la violenza è anche presentata come strumento dei giusti attraverso personaggi
eroici.
Il bullo apprende questi modelli comportamentali, non solo nella
famiglia, ma entrando in interazione con tutte le espressioni del mondo
sociale.
Cerca riconoscimento e/o affermazione sociale soprattutto nel gruppo cui
aderisce che può essere un branco o una comunità più ampia, oppure anche quella
globale del web.
Il bullo cerca la vittoria facile perché sente il bisogno di
un’affermazione certa. Per cui, se non si sente in grado di ottenerla da solo,
la cerca con l’aggregazione, il branco. E in questo caso, entra in gioco anche
il bisogno di appartenenza, di legame.
Data la necessità di affermazione certa, il ricevente, non deve mai essere un soggetto nelle condizioni di uscire vincente da uno scontro.
Vittima del bullo è il diverso, colui o colei che non
corrisponde ai modelli umani veicolati, che non corrisponde ai modelli vincenti
e, perciò, facilmente soggiogabile.
Può essere un gay, un disabile, un ansioso sociale, un
povero, uno straniero, un lavoratore di una particolare categoria professionale,
un ragazzo o ragazza sovrappeso o sottopeso, oppure una persona che non veste
secondo i canoni riconosciuti dal bullo o dall’eventuale gruppo cui fa
riferimento.
Dunque, il ricevente, cioè la vittima del bullismo, non è necessariamente un
soggetto timido, un ansioso sociale.
Come ho più volte affermato, il comportamento, nei contesti
sociali, è una forma di comunicazione; i bulli utilizzano quella proveniente dai
“diversi” per fare selezione e determinare le proprie prede.
Le persone timide, per il loro tratto caratteriale chiuso,
per la difficoltà che hanno nell’interazione verbale (ma anche non verbale), in
breve per la carenza di abilità sociali messe in campo, risultano decisamente
facili prede.
Il loro comportamento evitante, sommesso, le posture
dismesse, la condizione d’isolamento o di scarsa socializzazione, comunicano
inevitabilmente l’immagine di soggetti fragili e senza supporto esterno di
difesa.
Difficilmente un bullo prende di mira individui dotati di
buone abilità sociali, infatti, proprio il loro comportamento socialmente
funzionale, non trasmette immagini di fragilità tali da garantire un attacco vincente.
Partendo da quest’ultima osservazione, possiamo anche
concludere con la considerazione che uno strumento valido, cui un soggetto
timido può ricorrere, sia l’apprendimento di modelli assertivi.
Ma bisogna
tener bene a mente, che l’assertività, come affermano Anchisi e Gambotto Dessy,
è innanzitutto che “una struttura concettuale di natura funzionalistica,
finalizzata alla razionalizzazione della condotta con se stessi e verso gli
altri……è una forma etica, il cui dominio dei valori è rappresentato
dall’interpersonalità e non dal trascendente o dall’ideale” [Anchisi R.,
Gambotto D., Non solo comunicare, 1995].
Se non si fa proprio, il modello concettuale, le tecniche e le strategie che propone, sono del tutte inutili.
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