23 giugno 2015


La mindfulness, oggi, va intesa come una categoria, un insieme di tecniche, di tipo meditativo, in cui confluiscono diverse esperienze provenienti da vari canali culturali e di ricerca. Fondamentalmente la possiamo suddividere in due gruppi principali: la meditazione consapevole e la consapevolezza distaccata. 

La prima è più direttamente discendente dalla cultura buddista, mentre la seconda è una rielaborazione che si è sviluppata nell’ambito della ricerca della psicologia cognitivo comportamentale di terza generazione.

Voglio precisare che la pratica della mindfulness non ha nulla di ascetico, religioso, mistico, spirituale. È una pratica con i piedi ben piantati a terra.


Giampaolo Ghisetti - chi siamo
L’individuo può essere alla mercé di costanti sbalzi d’umore, di forti stati emotivi, di stati ansiosi. 

Uno degli obiettivi della mindfulness è il raggiungimento di un buon grado di resistenza ai fattori di stress, evitando che ci si abbandoni passivamente alle sensazioni che si provano, senza necessariamente porsi in modo antagonista.

Nella psicoterapia cognitivo comportamentale, il ricorso alla mindfulness, si pone l’obiettivo di un processo di distanziamento critico dagli schemi cognitivi disfunzionali, a ridurre il ricorso all’evitamento e ad aumentare il repertorio comportamentale mediante le tecniche di consapevolezza, distacco e accettazione non giudicante. 


Con la meditazione consapevole , lo scopo è di ancorarsi al presente, al qui e ora; di instaurare una diversa relazione con le proprie esperienze interiori, accettandole come parti del proprio paesaggio interno e ponendosi in una posizione di astensione dall’agire sulle cause. In questo modo si comincia a considerare i propri pensieri, come eventi temporanei dai significati relativi, anziché come rappresentazione esatta della realtà oggettiva e del proprio sé.

Giacché la meditazione è una tecnica finalizzata all’approfondimento dell’attenzione e all’acquisizione di una lucida consapevolezza, le persone stressate e quelle ansiose, possono apprendere a osservare pensieri, sensazioni, emozioni ed eventi, in modo oggettivo. Si apprende a farlo senza reagire a tali stimoli, acquisendo una maggiore capacità di introspezione e accettazione delle esperienze e la comprensione che tali eventi hanno carattere transitorio e impersonale.

La ruminazione, la preoccupazione, l’attenzione centrata su di sé e sui pensieri negativi, sono i fattori che determinano lo stress psicologico e persino quello fisico, come ad esempio, la percezione dell’intensità del dolore.

L’obiettivo della consapevolezza distaccata è di prendere le distanze dai contenuti negativi dei pensieri, assumere la consapevolezza della loro natura, della loro struttura, delle loro forme, dei loro contenuti, della loro sintassi. Potrei dire che è un modo di obbedire a una visione che può essere racchiusa nel motto, “conosci ciò che ti danneggia”.

Diversamente dalla meditazione consapevole classica, la consapevolezza distaccata non si limita alla semplice consapevolezza del qui e ora, obiettivo che comunque persegue, ma punta a distribuire diversamente l’attenzione, soprattutto quando l’obiettivo è di determinare nuovi piani alternativi per la gestione delle minacce, e a ridurre la concentrazione dell’attività attentiva auto centrata su se stessi, e di cui la persona non riesce ad averne il controllo.

Si tratta di prendere le distanze dai pensieri disfunzionali. Tutto ciò è finalizzato alla ristrutturazione cognitiva; quel processo, cioè, che ci permette di intervenire, da una parte, modificando o sostituendo gli schemi cognitivi disfunzionali che si sono formati, nella mente, per effetto di esperienze traumatiche, micro traumatiche ripetute, o vissute in modo emotivamente e intensamente stressanti; dall’altra, per rafforzare schemi cognitivi funzionali già presenti, ma che rischiano di essere sopraffatti da moti emotivi e pensieri negativi.

Con la consapevolezza distaccata si condivide, sia l’ancoraggio al presente, sia lo stabilire una diversa relazione con le esperienze interne, propria della meditazione consapevole, ma si preferisce, in alternativa all’astensione, la strada di una relazione dialettica con i flussi di pensieri in modo da cogliere le opportunità di poter confutare, in modo efficace, gli schemi cognitivi disfunzionali. 

Non si tratta di opporsi ai pensieri e alle emozioni negative, di volerle reprimere nella loro manifestazione, anzi, come nella meditazione consapevole classica, esse vengono lasciate fluire, ma osservate e studiate, ponendosi rispetto a esse, con un atteggiamento di non valutazione, di non giudizio, come esploratori, come soggetti esterni a sé.

Ponendosi come un osservatore esterno dei propri pensieri, si avvia già un loro processo di decentramento, e ci si avvia già a modificare la relazione con tali esperienze. 

Nella pratica della consapevolezza distaccata osserviamo i nostri pensieri nella loro natura, prendiamo coscienza che sono eventi della mente e che, in quanto tali, non sono l’espressione della realtà, ma sono un’interpretazione dettata dalle condizioni contingenti. 

Cioè prendiamo cosciente consapevolezza che non si tratta della realtà oggettiva ma della nostra percezione della realtà. 




3 commenti:

  1. Nell'articolo ho trovato degli ottimi spunti di riflessione. Ma come passare dall'autoconsapevolezza all'azione?

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Negli ansiosi sociali, il vero primo problema è diventare consapevoli della realtà delle cose e del sé. Le autoanalisi presentano un problema assai grosso: sono pesantemente condizionate dalle dinamiche cognitive proprie delle forme di ansia sociale. Inoltre, i cosiddetti “stili di crescita della conoscenza” che il sistema cognitivo adotta per difendere lo status quo (e quindi opporsi al cambiamento), spingono il ragionamento e le analisi dell’ansioso, nelle direzioni sbagliate, verso le cause cognitive sbagliate, verso la resistenza al fronteggiamento del comportamento disfunzionale.
    Il primo passo è la motivazione, ma quella che fa cancellare ogni resistenza emotiva. La cosa non è affatto semplice. La gran parte delle psicoterapie fallite, si sono infrante contro questo muro.
    La consapevolezza è il secondo stadio. Ma ti invito a non confondere coscienza con consapevolezza. La prima ti fa prendere atto di uno stato di cose, è conoscenza di base, la seconda fa maturare quella conoscenza. Nel caso delle ansie sociali, essere consapevoli significa maturare la conoscenza delle dinamiche cognitive profonde che alimentano e producono la propria sofferenza e delle loro conseguenze sul comportamento.
    Già questo stadio ha bisogno di metodi, di tecniche e di strategie: se non le hai apprese, sei nella stessa condizione di chi cade in mare senza saper nuotare.
    Spero che nell’articolo sia chiaro che concepisco la mindfulness come strumento integrativo e non sostitutivo della psicoterapia.
    L’azione, è lo smembramento della disfunzionalità sia a livello cognitivo, sia a livello comportamentale.
    Non bisogna, però, dimenticare che le radici del male risiedono a un livello inconscio, se non apprendi a raggiungerlo, come puoi agire? Di certo non lo puoi fare con i soliti consigli che girano sul web. Non esistono le formule magiche, né modelli standard. Si tratta di un percorso da calare sulla persona.
    Questa è la ragione per la quale si ricorre a chi ha le conoscenze per guidare l’ansioso nel percorso di cambiamento, lo psicoterapeuta, il conseulor, il life coach specializzato nelle ansie sociali, i libri di auto terapia. Se ci si orienta verso l’indirizzo cognitivo comportamentale, le pratiche, i metodi e le strategie, sono più facili da apprendere e da praticare. Resta, comunque, una questione di base. Apprendi degli strumenti, dei modi di operare, ma questi in sé, non risolvono i tuoi problemi: tutto dipende sempre da te, da quanto sei motivato, dalla perseveranza che riesci ad avere, da quanto credi nella possibilità di cambiare con gli strumenti che adotti, da quanto credi nella tua capacità di cambiare, dal tuo impegno. In fondo, questi sono gli ingredienti che costituiscono le condizioni sine qua non vai da nessuna parte.

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Grazie per il commento