Nel tentativo di spiegare e fronteggiare la propria
sofferenza e disagio, le persone timide e gli ansiosi sociali, elaborano delle
teorie personali.
Queste rientrano in un ambito più ampio che è quello delle
teorie della mente che l’uomo produce e con le quali, si spiega e prevede il
comportamento degli altri e quello proprio. Si tratta della psicologia
“fai-da-te”.
Teorie della mente quasi sempre ingenue o naif che si
formano subendo l’influenza della storia delle proprie interazioni sociali,
delle esperienze e delle emozioni che le hanno accompagnate.
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Luigi De Gennaro - tracce di memoria |
Le teorie psicologiche personali degli ansiosi sociali riguardano
sia l’attribuzione delle cause della sofferenza, sia l’individuazione dei
rimedi.
Nell’attribuzione delle cause possiamo notare due indirizzi
generali: quelli che rimandano a fattori interni (genetici, biologici, qualità e
abilità personali, il passato) e quelle orientate verso fattori esterni (la
famiglia, la scuola, l’ambiente sociale, la società, eccetera).
Una prima criticità di queste teorie psicologiche risiede nella
loro stessa costruzione: sono strutturate sulla base della propria esperienza
personale e non su esperienze collettive e verificabili nella loro oggettività.
Sono quasi sempre costrutti che hanno la caratteristica di rafforzare
le credenze di base disfunzionali, validare le meta credenze che ne discendono,
di confermare l’efficacia di quei comportamenti disadattivi ampiamente favoriti
per il loro tratto evitante.
Sia le teorie sull’attribuzione delle cause della
sofferenza, sia le teorie sulla cura, non vanno mai a intaccare il nocciolo del
problema.
Tuttavia, può capitare che un individuo timido o un ansioso
sociale, riesca in una adeguata attribuzione di causa e individui una buona
teoria della cura e, ciò nonostante, non riesce a concretizzare.
In altri casi si verifica una totale discrepanza,
disomogeneità o incoerenza, tra teoria di attribuzione di causa e teoria della
cura.
Uno dei problemi che incidono molto sull’elaborazione delle
teorie psicologiche personali è data dagli stili di crescita della conoscenza, il
cui insieme, costituisce la struttura cognitiva di protezione delle credenze e
delle meta credenze.
Infatti, il sistema cognitivo non ci tiene ad aver ragione,
preferisce preservare tutta la sua struttura per non trovarsi in uno squilibrio
omeostatico o in un vuoto di rappresentazioni.
Dato che gli stili di crescita della conoscenza preservano
quello che c’è, così com’è, impediscono una efficace elaborazione della teoria
della sofferenza, favorendo la focalizzazione su fattori immutabili o aspetti
esteriori, o periferici o apparenti.
È il caso, ad esempio, del permanere del pensiero sul
passato. Infatti, anche se timidezza e ansie sociali hanno, per lo più, origini
causali storiche collocabili nell’infanzia, il disagio è tale nel presente, e credenze
e meta credenze che le sottendono sono attive e vive nel presente. Fermarsi sul passato significa indugiare e fossilizzarsi su ciò che è immodificabile.
Anche l’attribuzione di causa rivolta verso l’esterno, come
quando, ad esempio, ci si riferisce all’ambiente sociale e a sue peculiarità
negative, bypassano completamente il problema del rapporto con le proprieesperienze interne, il problema dell’accettazione e della competenza, credenze
e meta credenze disfunzionali sul sé o sugli altri.
Un altro aspetto sulle teorie psicologiche personali sulla
sofferenza e sulla cura è che la focalizzazione sul sé, difficilmente riesce a
cogliere livelli di conoscenza (interpretazione) posti a un livello inconscio.
Infatti, ciò che la persona timida o l’ansioso sociale, riesce a cogliere della
propria esperienza cosciente e ciò che affiora a sé o risulta evidente agli altri: gli
insuccessi nelle interazioni sociali, i comportamenti attuati, le risposte
proveniente dagli altri, la somatizzazione dell’ansia, la percezione sensitiva,
le emozioni provate, quest’ultime, molto forti.
Così le cause della sofferenza sono, molto spesso, attribuite
ad aspetti esteriori, come, ad esempio, il corpo o parti del corpo, l’inefficacia
dei comportamenti considerati tout court come inabilità, le performance
deficitarie viste come incapacità.
All’inizio di quest’articolo parlavo d’ingenuità delle
teorie psicologiche dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali: questa ingenuità
si consuma in una interpretazione esteriorizzante o che, comunque, resta
prigioniera di distorsioni cognitive, analisi approssimative, riduttive, lontano dalla
oggettività dei fatti.
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