La sofferenza comporta emozioni forti che nessuno di noi
vorrebbe mai provare. Dobbiamo, però, fare i conti con la condizione umana, gli
eventi e le circostanze che si verificano nostro malgrado, talvolta,
assolutamente estranei alla nostra persona.
Sull’inevitabilità della sofferenza sono già stati scritti
fiumi di parole, sia nel campo scientifico, sia in quello artistico.
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Henry Fuseli. The Nightmare |
Nella vita reale, e in tutte le culture e le epoche
storiche, i comportamenti messi in campo per evitare la sofferenza sono
particolarmente graditi e praticati.
C’è, però, una linea di confine oltre la quale i
comportamenti di evitamento della sofferenza assumono carattere decisamente
patologico.
Nelle ansie sociali, l’evitamento della sofferenza, assume i
connotati dell’antiscopo. Si evita il raggiungimento di scopi desiderati per
evitare che il loro perseguimento possa comportare sofferenza.
Così, siamo testimoni di persone che rinunciano a vivere emozioni affettive per il timore che un eventuale fallimento di tali relazioni possa comportare sofferenze insopportabili, inaccettabili, assolutamente da evitare: sofferenze paragonate alla catastrofe.
Krizia evita di impegnarsi in una relazione affettiva,
fortemente desiderata, con Dario perché la sola idea che il rapporto possa
fallire è segno premonitore di una terribile sofferenza che ritieni di non
essere in grado di sopportare.
Alessio ritiene che essere respinto dalla sua amata Agnese
costituisca una sofferenza troppo grande per le sue capacità di resilienza,
così evita di approcciarsi a lei.
Aurora cerca di evitare di vivere qualsiasi emozione,
convinta com’è, che il perseguimento delle emozioni positive possa poi sfociare
nella sofferenza della delusione, dell’abbandono, della vacuità e nell’affermazione
del non senso della propria vita. E così che al fine evita anche di godere
della bellezza di un tramonto.
Persico è convinto che basti un solo giudizio negativo di un
chicchessìa per determinare la catastrofe della sua vita. Perciò, evita
qualsiasi situazione che possa esporlo alla vista o all’udito degli altri.
L’aspetto paradossale, ma tragicamente concreto, della paura
patologica della sofferenza è che implica strategie di coping (comportamenti di
fronteggiamento) che procurano sofferenza strisciante, permanente e costante.
Nelle ansie sociali, e quindi anche nella timidezza, questa
sofferenza strisciante finisce col diventare come una sorta di sfondo grigio e
mesto della pagina di un libro o di un dipinto, il fondale della propria anima.
Ci si condanna a una sofferenza subdola, ingannatrice, sanguisuga che consuma
il soggetto in maniera apparentemente impalpabile ma che ha l’effetto
devastante della radicalizzazione, del mantenimento e del rinforzo di credenze
e meta credenze disfunzionali, di comportamenti disadattivi e auto lesivi, di
stili metacognitivi che alimentano processi mentali inadeguati.
La paura della sofferenza giunge a determinare stili di
pensiero, credenze regolanti e/o doverizzanti, assunzioni e motti che
giustificano e teorizzano l’assoluta validità “a prescindere” dell’evitamento.
È
la teorizzazione della validità dell’antiscopo che assurge al ruolo di scopo
primario annichilendo il perseguimento di desideri, bisogni, necessità,
speranze.
Nelle ansie sociali l’idea della sofferenza, che si vuole ad
ogni costo evitare, corrisponde a esiti catastrofici per la propria vita; ma
anche alla convinzione di non essere in grado di mettere in campo alcun mezzo
adeguato di fronteggiamento, di non avere la forza e le energie per far fronte
alle sofferenze, che queste non sono in alcun modo sopportabili.
“Non riuscirei a reggere a questa cosa”, “non me lo posso
permettere …”, “Sarebbe il mio crollo definitivo”, “sarebbe la mia fine”, “non
potrei affrontare sofferenze così forti”, “non riuscirei a sopportare un suo
rifiuto”, “sarebbe terribile se mi giudicassero male”, “se mi va male, il mio
fallimento è totale”.
L’antiscopo, cioè evitare il pericolo disastroso, si
comporta come l’antimateria, dove c’è lei non c’è la materia.
Paradossalmente,
l’obiettivo diventa evitare di soffrire per soffrire di mancanze di affetti, di
solitudine, di marginalizzazione sociale, di tristezza, di infelicità, dei vuoti
nella propria vita.
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