19 luglio 2016



È molto comune considerare i termini “introversione” e “timidezza” come se fossero sinonimi. In realtà, introversione e timidezza sono radicalmente diverse per qualità, tipologia, origine, natura, dominio.

Questa confusione è generata dal fatto che hanno in comune alcuni tratti comportamentali: in verità, la somiglianza (o equivalenza) dei comportamenti di persone introverse e timide, sono del tutto apparenti: essi infatti, differiscono nella sostanza sia nelle ragioni del loro manifestarsi, sia nel dominio cui afferiscono.

Lucia Schettino - Non è mai ciò che sembra
Le parole “introversion” ed “extroversion” furono coniate, per la prima volta, da Gustav Jung autore del celebre saggio “I tipi psicologici”. 

Egli distingueva due diversi modi d’essere, indole innate, con cui l’essere umano si rapporta alle esperienze. 

Nell’individuare questi modi di rapportarsi alla realtà, Jung non poneva alcuna correlazione con patologie o disagi psichici.

Jung sosteneva che l’essere umano rivolge la propria attenzione, nei confronti della realtà e degli stimoli che gli pervengono, in due diversi modi: verso il mondo esterno o verso quello interiore: le modalità estroversa e introversa.


Nell’estroversione c’è la tendenza a disporsi verso il mondo circostante in modo oggettivo, invece, nell’introversione tale disposizione è in modo soggettivo.

Ciascuno di noi ha, in sé, ambedue i tratti e, a seconda delle situazioni e delle contingenze, adotta ora l’uno, ora all’altro modo.

Ogni persona, tuttavia, tende in via preferenziale a far prevalere un modo sull’altro. 

In pratica, non si è introverso al 100%, oppure estroverso al 100%, si verifica semplicemente la prevalenza di un modo sull’altro.

Grazie a tale duplice valenza, siamo in grado di leggere la realtà sia attraverso il filtro della nostra personale soggettività, sia di leggerla in maniera oggettiva.

La timidezza, a differenza dell’introversione, è un disagio di natura cognitiva che si manifesta, solo e soltanto, nell’interazione sociale in tutte le sue forme. Si tratta di un disagio che, partendo dai processi cognitivi e metacognitivi, coinvolge la sfera emotiva del soggetto e i suoi comportamenti.

Le differenze 

Il tratto introverso, essendo orientato a soggettivizzare, tende alla riflessività e ciò gli connota aspetti caratteriali ritirati, riservati, ma solo in apparenza. 

Infatti, l'introverso non ha problemi né a stare da solo, né a stare con gli altri: non vive condizioni di disagio.

Il fatto che il soggetto introverso predilige uno stile di vita riflessivo o riservato, non implica che disdegni la socialità o che si trovi in disagio in situazioni sociali.

La vita sociale ritirata della persona timida, e dell’ansioso sociale in generale, la sua ritrosia, riservatezza, non è l’espressione di una indole innata, come invece lo è nel caso dell’introverso, ma piuttosto, una condizione, il risultato di un condizionamento psichico generato dal disagio sociale. 

Il soggetto timido acquisisce un comportamento riservato per fronteggiare il disagio che vive nell’interazione sociale. Anche la sua tendenza alla riflessività è una conseguenza (anche se positiva) della condizione di appartenenza precaria.

Al contrario, nella definizione junghiana, l’introverso non ha alcun problema di interazione sociale.

Mentre le ansie sociali sono tratti caratteriali, l’introversione esprime tratti temperamentali. 

Per chiarire questo aspetto diciamo subito che per definizione il carattere è l’insieme dei comportamenti abituali appresi che caratterizzano un individuo, mentre il temperamento è l’inclinazione innata dell’individuo, a sperimentare e reagire, agli stimoli ambientali con uno stile proprio.

In conclusione possiamo sinteticamente dire che:


  • La persona timida teme l’interazione sociale per presunte conseguenze negative che ne possono scaturire, quella introversa no.
  • L’introversione è indicativa del temperamento di un individuo, la timidezza è indicativa del carattere di un individuo.
  • L’introverso predilige la riflessività e la riservatezza come indole innata, il timido è riflessivo e riservato per induzione.
  • Gli individui timidi hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri, quelli introversi no.
  • La timidezza induce a comportamenti evitanti, l’introversione no.
  • Le persone timide sono sopraffatte dall’emozione della paura, dai pensieri previsionali negativi, da percezioni negative del sé e/o degli altri, quelle introverse non hanno questi problemi.
  • I soggetti timidi hanno il timore del giudizio altrui, gli introversi non temono, in alcun modo, né i giudizi, né le critiche.
  • Il timido indugia molto nelle attività metacognitive di ruminazione, rimuginìo e preoccupazione, l’introverso non esercita queste attività in modo prolungato o patologico.







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