Uno degli aspetti più complessi che possiamo riscontrare nelle persone afflitte da forme di ansia sociale come, ad esempio, la timidezza o la sociofobia, è l’arenamento nella manifestazione dei sentimenti e delle emozioni.
La complessità di questa problematica è data dal fatto che
all’origine possono esservi diversi fattori causali e, spesso, coesistenti.
Così tra le causali, possiamo intravvedere:
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Alessio Serpetti - il silenzio dell'anima
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- L’essere cresciuti, e vissuto, in ambienti anassertivi in cui vi è carenza o assenza di comportamenti espressivi delle emozioni, il che genera un problema di mancato o inadeguato apprendimento. In questo caso, l’ anassertività produce l’impossibilità, per un infante o un bambino, di apprendere modelli comportamentali di manifestazione di emozioni e sentimenti, ciò perché vengono a mancare esempi di riferimento.
- L’essere cresciuti, e vissuto, in ambienti in cui la repressione della manifestazione emotiva è caldeggiata fino a essere un precetto, espressione di forma culturale e morale del nucleo familiare. In questi casi l’espressione emotiva è considerata socialmente inadeguata, inopportuna, segno di debolezza (considerata a sua volta in chiave fortemente negativa). Questo tipo di cultura è parecchio diffusa e, nei secoli trascorsi, è stata considerata come tratto distintivo di valore.
- Considerare l’espressione emotiva come un comportamento generatore di disturbo altrui oppure inopportuno. Queste visioni hanno a che fare con i valori di riferimento cui il soggetto conferisce alta validità. Questi tipi di valutazione, probabilmente, sottendono credenze di base relative a personali inadeguatezze, forse anche sostenute da metacognizioni provenienti da precetti familiari.
- Il timore del giudizio negativo altrui, di commettere errori, di provocare danno. Come nel caso precedente, queste paure sono da riferirsi a credenze su un se inadeguato. Considerandosi e percependosi negativamente, l’ansioso sociale, vede nell’espressione della propria emotività quei rischi che possono metterlo in cattiva luce e compromettere le sue aspirazioni di appartenenza sociale. Del resto, una persona timida teme fortemente l’idea stessa di esiti negativi come conseguenza dei propri comportamenti. Nelle ansie sociali, va ricordato, che il pensiero previsionale è, generalmente, indirizzato verso una visione catastrofica del divenire degli eventi; pertanto il giudizio negativo degli altri è considerato come una vera e propria tragedia.
- La difficoltà nel riconoscere e descrivere le emozioni, cosa che potrebbe essere causata da alessitimia o dalla semplice mancanza di esercizio al riconoscimento delle emozioni. Nel primo caso si tratterebbe di una incapacità acquisita o di carattere neurologico, per cui il soggetto non è in grado di descrivere le emozioni perché non ne conosce il “lessico”, in pratica non sa cos’è l’emozione. Nel secondo caso, il mancato esercizio, oppure la costante repressione, nel manifestare emozioni, genera confusione nel riconoscimento dell’emozione e, quindi, non oggettiva difficoltà nella sua descrizione.
- L’abitudine stessa al mancato esercizio dell’espressione emotiva si automatizza. Quando si è abituati a reprimere, o comunque non comunicare, emozioni e sentimenti, tale comportamento acquisisce il carattere automatico, per cui vi si ricorre come per istinto e senza un processo cognitivo cosciente. Questa automaticità fa sì che, nel momento topico, non si abbia consapevolezza dell’inibizione in atto.
- L’auto focalizzazione su sé stessi, che comporta un’attenzione selettiva principalmente rivolta alle proprie sensazioni interne e che genera una forte carenza o assenza di comportamenti comunicativi. La persona timida è talmente presa dal rapporto con le proprie esperienze interiori e presa dall’ attività di controllo e monitoraggio su sé stessa, che finisce con l’estraniarsi e allontanarsi da forme comunicative rivolte all’esterno.
- Metacognizioni che sorreggono, giustificano e rafforzano credenze di base disfunzionali. Qui parliamo di logiche di pensiero che si sviluppano sia per giustificare credenze relative a proprie inadeguatezze, sia a sostenere motti, precetti e assunti appresi nell’ambiente d’origine. Si tratta, per lo più, di credenze regolanti che determinano modelli di comportamento. Ad esempio: “non sta bene esprimere il proprio pensiero se non si è all’altezza”; “non devo parlare delle mie emozioni, sarebbe un segno di debolezza”; “se mi mettessi a parlare di quel che provo, non farei altro che annoiare gli altri”; “parlare di sé, non è una cosa opportuna”; “so bene che non devo esprimere emozioni, darei solo fastidio”.
- Spesso, la difficoltà nel manifestare emozioni e sentimenti è, essa stessa, vissuta come problema, generando processi metacognitivi che vanno ad alimentare ulteriormente la pervasività di pensieri negativi collegati a tali metacognizioni. In alcuni casi, il soggetto ansioso, pur rendendosi conto di non riuscire a comunicare sentimenti ed emozioni, non riesce ad esimersi da tale comportamento: ne scaturiscono senso di colpa, di incapacità, di fallimento, di nullità. Tutto ciò implica un atteggiamento altamente e severamente critico verso sé stessi e, dunque, della non accettazione del sé.
In conclusione voglio qui far notare altri due fattori che
sono un po’ la conseguenza di molti degli aspetti che abbiamo precedentemente
descritto. Mi pare opportuno sottolineare l’enorme incidenza che questi hanno nell’impedire
la manifestazione di sentimenti ed emozioni.
- L’inibizione ansiogena. Come ho già accennato in alcuni punti precedenti, il timore del giudizio degli altri, la paura di sbagliare, di apparire o essere inopportuni, l’incertezza del successo disegnata dai pensieri previsionali, l’insorgere dei sintomi dell’ansia, l’insieme di pensieri negativi che affollano la mente nei momenti topici, favoriscono processi inibenti.
- Il comportamento evitante. Molto spesso la mancata manifestazione di sentimenti ed emozioni è il risultato di un processo cognitivo che scaturisce nell’atteggiamento evitante. L’ansioso sociale, l’individuo timido, evita di manifestarle per il timore di una sofferenza preconizzata. Egli teme le conseguenze del suo comportamento e, pertanto, sceglie il perseguimento dell’antiscopo.
In quale di questi aspetti ti ci ritrovi?
Per cominciare a esprimersi
Training di assertività
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