A metà strada tra il livello inconscio e quello cosciente, trovano spazio diverse tipologie di pensieri strutturali, tra queste, le credenze intermedie.
Si tratta di credenze regolanti, cioè, che stabiliscono stili comportamentali e di approccio ai problemi, agli eventi, alle situazioni.
Le credenze regolanti sono sottoposte alla priorità di congruenza con le credenze di base a cui sottostanno in termini gerarchici.
Da quest’ottica, esse devono ispirare i comportamenti fisici e mentali in modo coerente e funzionale alle definizioni del sé e degli altri. In un certo senso, sono norme attuative e, allo stesso tempo, strategiche.
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Gio Ross - I timidi ai dolmen |
Sono pensieri verbali caratterizzati da una parte che contiene la condizione e da un’altra parte che contiene il premio o la punizione cioè, la conseguenza. Gli elementi verbali, talvolta sottintesi, che collegano le due frazioni sono del tipo: “se … allora”; “devo … altrimenti”; “o … oppure”.
Ad esempio: “se non faccio le cose alla perfezione, per me sarà un fiasco”, “se mi avvicino a lei/lui, allora sarò respinto/a”, “se sbaglio, allora sono un fallito”, ”se parlo di me, poi pensano che sono un debole”, “se non faccio le cose per bene (allora) sono un/a fallito/a”, “se non sono il/la migliore vuol dire che (allora) non valgo niente”, “se non mi amano allora non valgo niente”, “se entro in contrasto con un mio amico poi resto solo /a”, “se esprimo le mie idee poi vengo giudicato/a male”, “se lui/lei mi ha lasciato, allora nessun altro/a mi vorrà mai”, “o concludo ciò che comincio, oppure sono un fallito”.
Le credenze condizionali, dunque, stabiliscono un principio di necessità considerato irrinunciabile, una conditio sine qua non, qualcosa di essenziale per evitare conseguenze negative o per raggiungere gli obiettivi che ci si propone di raggiungere.
Pertanto, l’inaccettabilità e la catastroficità sono le valutazioni negative previste dalla credenza condizionale.
Altri pensieri strutturali regolanti sono le credenze doverizzanti. Queste stabiliscono, invece, il principio dell’obbligatorietà, un dovere cui non ci si può sottrarre.
Il verbo “dovere”, nel suo presente singolare (devo), è pertanto dominante benché, talvolta, può anche essere sostituito da espressioni del tipo “non posso”, cioè, di non potersi permettere di fare determinate scelte, di ottenere determinati risultati, di avere performance insoddisfacenti.
Ad esempio: “le persone devono essere buone con me”, “non posso permettermi un passo falso”, “non devo sbagliare”, “devo essere sempre perfetto”, “non dovrei mai deludere gli amici (o i familiari)”, “non dovrei....... (il fare qualcosa che non piace agli altri)”.
Le valutazioni negative previste dalle doverizzazioni sono l’inaccettabilità e, anche in questo caso, la catastroficità.
Sottostanti alle credenze condizionali e doverizzanti, generalmente, ci sono idee che riguardano la pretesa di determinati comportamenti altrui, oppure la pretesa rivolta a sé stessi, dell’infallibilità, della perfezione, dell’essere vincenti, della totale assenza di pecche proprie.
Nei disagi sociali e nei disturbi psichici, le credenze regolanti non ammettono mezze misure, tendono a fare riferimento a pensieri e prestazioni con forte carattere dicotomico: o tutto o niente, o molto bene o molto male.
Un altro aspetto interessante delle credenze regolanti è che nelle persone timide, negli ansiosi sociali in generale, tali idee strutturali sono molto ricorrenti nei pensieri, in pratica, sono un repertorio che si ripete.
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