Nel mondo dei pensieri strutturali, a metà strada tra lo
stato cosciente e quello inconscio, oltre alle credenze intermedie, si
sviluppano anche forme di pensiero che pensano su ciò che si pensa: si tratta
delle metacognizioni.
Già da questa prima definizione si comprende che hanno
caratteristiche peculiari:
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Da.De. - La fatica dell'essere |
- Organizzano e analizzano i propri pensieri.
- Determinano le strategie e gli stili del pensare come modalità per la soluzione dei problemi.
- Valutano utilità e danno delle metacognizioni stesse e, dunque, della validità al loro ricorso.
Possiamo descrivere le metacognizioni come un insieme di
pensieri che costituiscono un livello “sublimato” di cognizioni, un apparato
sovraordinato deputato alla gestione dei flussi di pensiero.
Nelle forme di ansia sociale, quindi, anche nella timidezza,
la persona è cosciente fino a un certo punto di questa sua attività mentale. In
effetti, egli non ha una reale consapevolezza della funzione che svolgono tali
tipologie di pensiero. Più che altro, le adotta come in un processo automatico.
Le metacognizioni non sono processi innati di valutazione, tuttavia,
va comunque considerato che molte di queste forme di pensiero diventano routine
nelle attività mentali dell’ansioso sociale. Più che altro esse si trasformano
in processi di valutazione automatica per apprendimento e reiterazione.
Spesso, si rende conto di non avere il controllo delle
abitudini metacognitive e tale coscienza è a sua volta un processo meta
cognitivo.
I cognitivisti chiamano positive quelle metacognizioni che
l’ansioso sociale giudica utili o necessarie per la soluzione dei propri
problemi, e negative quelle che invece sono giudicate dannose o comunque assai
problematiche.
Queste valutazioni, sulla positività o negatività di tali
attività mentali sono, esse stesse, metacognizioni positive o negative.
Le metacognizioni principali sono inquadrabili in tre maxi
categorie che sono, al tempo stesso, uno stile e una modalità operativa che ha
lo scopo di risolvere i problemi: la preoccupazione, il rimuginìo e la
ruminazione.
La preoccupazione è sostanzialmente orientata
sulla valutazione del pericolo (o problema) e delle possibili conseguenze.
Nelle ansie sociali è fortemente ansiogena; la persona timida, sociofobica
vivono la preoccupazione in un elevato stato d’ansia. Nella sua forma positiva,
è considerata una necessità o una grande utilità; spesso, ha anche un valore
morale, ciò accade quando il preoccuparsi è considerato un atteggiamento
altamente responsabile e, dunque, un dovere. Nella sua forma negativa è vista
come una sorta di dannazione o di schiavitù; l’ansioso sociale si rende conto
di non riuscire ad averne il controllo e i suoi tentativi di sganciarsi lo
fanno precipitare in una dipendenza ancora maggiore: è una condizione che vive con
molta sofferenza.
La ruminazione è il pensare persistente a fatti e condizioni
già accaduti, quindi, è un continuo pensare al passato. Nelle ansie sociali, la
ruminazione non è orientata alla valutazione di eventi vissuti con
soddisfazione e con successo, ciò che preso in esame solo gli insuccessi, le
mancate occasioni e opportunità, le presunte inadempienze o inadeguatezze. Gli
stati emotivi con cui si vive la ruminazione sono il rammarico, il senso di
frustrazione, la tristezza, l’umiliazione talvolta accompagnati da un
sentimento di fallimento della propria persona o di risentimento e rancore
verso gli altri. È da quest’attività che scaturiscono molti degli impietosi
giudizi negativi verso se stessi. Le forme negative e positive della
ruminazione ricalcano valutazioni analoghe a quelle della preoccupazione.
Il rimuginìo è il pensare insistente a ciò che potrà
accadere e alle sue conseguenze. È l’assiduo pensare al futuro, sia prossimo
che remoto. Ciò implica una continua attività di pensiero previsionale. Come
nella ruminazione, il rimuginìo degli ansiosi sociali è rivolto sempre e
soltanto ai risvolti negativi degli eventi, a quelli che vengono considerati
dei fallimenti certi indipendentemente delle loro reali probabilità, alla
disperazione di presunte incapacità che sfociano nella persistente paura
dell’insuccesso e delle nefaste conseguenze che ne dovrebbero derivare.
L’emozione principale del rimuginìo sono la paura e una “preventiva” tristezza.
Comunque, ridurre a queste tre maxi categorie l’insieme
delle metacognizioni è un po’ riduttivo.
Come dicevo all’inizio, la
metacognizione è un pensare sui propri pensieri, ma è anche il pensare sulle proprie emozioni, sulle proprie esperienze interne.
In un tale quadro generale si comprenderà che le
metacognizioni sono anche strettamente correlate con l’insieme delle credenze
intermedie che spesso vanno a costituire i tasselli principali delle stesse
metacognizioni. Da questo punto di vista, è difficile anche stabilire un reale
confine tra metacognizioni e credenze intermedie in quanto le une tendono a
sfociare nelle altre e viceversa.
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