6 aprile 2017


Nei precedenti articoli abbiamo visto come la mente umana è organizzata per svolgere la sua funzione fondamentale, cioè, il raggiungimento degli scopi. 

schema 1
Abbiamo visto che a tal uopo si serve di un sistema strutturato di cognizioni che hanno, da una parte, la funzione di informarla fornendo definizioni di base sul sé, sugli altri e sul mondo; dall’altra definire le regole del ragionamento e del comportamento partendo proprio da quelle definizioni primarie.

Ovviamente, il mondo delle cognizioni non è limitato a questo solo sistema strutturato, esso coinvolge un insieme di attività che possiamo riassumere come nello schema 1.


Ciò che a noi interessa, in quest’articolo, parte da un quesito: le cognizioni strutturali incidono nella formazione e nel mantenimento dei disagi di ansia sociale? E in che modo?

Forse dovremmo partire proprio da una definizione generale di ansia sociale.

L’ansia sociale è una categoria di disagi psichici di natura cognitiva che investe il dominio dell’interazione interpersonale e che si manifesta, allo stato cosciente, con sintomi d’ansia ed emozioni di paura.

Tale categoria include disturbi e disagi inerenti la socialità come le varie forme di timidezza e di fobie sociali, il disturbo evitante della personalità, le forme di ansia generalizzata o specifica collegate all’interazione sociale.

Oltre ad avere in comune i sintomi d’ansia e le emozioni della paura, le forme di ansia sociale condividono un insieme di cognizioni riguardanti il sé e gli altri tutte caratterizzate da valenza negativa.

Mi sto riferendo all’insieme degli schemi cognitivi e metacognizioni disfunzionali. 

In pratica, alle credenze di base, a quelle intermedie, ai pensieri automatici negativi, a rimuginii e ruminazioni insistenti, a persistenti preoccupazioni, a meta pensieri incentrati sugli elementi appena indicati.

Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, se hai una credenza di base disfunzionale, di quelle secondo le quali sei socialmente inabile, o incapace a fronteggiare certe situazioni, o non sei abbastanza attraente o amabile, questa, condiziona quel che fai o vorresti fare, in modo tale, che precipitando nella paura e nell’ansia, finisci col non perseguire quegli obiettivi, oppure, se ci provi, l’inibizione ansiogena ti mette lo sgambetto.

Dinamiche delle cognizioni

Emozioni negative e ansia subentrano perché nella mente sono transitati pensieri negativi che hanno dipinto l’immediato futuro, quel che sta per accadere, in un inferno o, il passato, come storia di fallimenti.

Se temi di non riuscire, dietro c’è una cognizione che ti dice che sei inadeguato/a. Se ti viene in mente una immagine mentale che si ferma su un momento clou negativo, a sorreggerla c’è una credenza che ti dice che sei inadeguato/a. Se pensi di non essere all’altezza, c’è una cognizione sottostante e radicata che ti dice che sei inadeguato/a. Se temi di essere giudicata/o male dagli altri, sotto c’è una credenza che ti dice che sei inadeguato/a. Se pensi che quella tal cosa o situazione andrà a finir male, c’è una cognizione primaria che ti dice che sei inadeguato/a. Se ti senti osservato/a, è perché nel profondo della tua mente c’ è una credenza che ti definisce inadeguato/a, e ciò ti fa sentir nudo/a.

Una credenza disfunzionale attiva altre credenze disfunzionali. 

È un intero schema cognitivo a entrare in gioco e si spalma lungo tutto il processo di elaborazione mentale, lo pervade fino a quando prendi la tua decisione, fino a quando fai la scelta, e sono scelte di fuga, di evitamento, di elusione, di estraniazione, di apatia: eri partita/o con uno scopo e ti ritrovi a perseguire l’antiscopo.

Del resto, perché mai dovresti fronteggiare una situazione quando sei già convinto/a che la gestirai a tuo danno? Questo è il succo della questione che investe la mente di un ansioso sociale.

Cognizioni e schemi cognitivi disfunzionali spingono il ragionamento della persona timida, dell’ansioso sociale, in una direzione che potremmo quasi considerare come prestabilita.

Una predeterminazione che nasce dall’inevitabilità delle conclusioni cui si giunge per via dei presupposti informativi negativi su cui processo elaborativo si poggia.

I soggetti timidi e tutti gli ansiosi sociali, in generale, non dispongono di un variegato paniere di ipotesi e possibilità. 

Il loro modo di leggere la realtà, le situazioni, gli eventi, è monotematico, è monodirezionale; si inquadrano le cose sempre attraverso un unico punto di vista, che svolge sempre al negativo e che parte sempre da prerogative personali o altrui negative.


L’unidirezionalità del ragionamento ansioso e pertanto, emotivo, fa sì che a prevalere sono sempre le cognizioni disfunzionali, le quali ricevono dalla mono direzionalità ulteriore conferma e rinforzo.









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