La timidezza è un disagio psicologico di natura cognitiva
che sussiste solo e soltanto in relazione all’interazione sociale nelle sue
varie forme di manifestazione.
Si tratta di una forma di ansia sociale non patologica ma
che può sfociare nella patologia.
Essendo di natura cognitiva, la timidezza ha a che fare con
l’insieme delle conoscenze stabili dell’individuo (credenze di base, regole
procedurali, criteri e scopi) e i sistemi metacognitivi.
Generalmente, la persona timida più che cogliere gli aspetti
cognitivi del proprio disagio in modo cosciente e consapevole, percepisce la
propria timidezza per via degli effetti negativi che produce nella propria vita
sociale, nell’essere cosciente di avere un disagio e di avere comportamenti
inibiti che si manifestano in forme che variano da soggetto a soggetto.
Altri fattori che l’individuo timido percepisce, come tratti
della propria timidezza, sono le emozioni, in chiave negativa, come la paura, la
vergogna e la malinconia.
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Federica Gionfrida - anguish |
In profondità e, dunque, anche un livello inconscio, la
radice della timidezza è da individuare in credenze di base che definiscono il
sé come persona inadeguata. In tal caso parliamo di credenze di base
disfunzionali.
Il livello o il tipo di inadeguatezza riguarda, per lo più,
la descrizione del sé come soggetto in cui sussistono uno o più fattori
negativi: l’incapacità di far fronte in modo efficace agli eventi, situazioni,
performance, comportamenti; l’inabilità nel districarsi nell’interazione
interpersonale; la difettosità per nascita; il non essere amabile o attraente
come persona.
Tuttavia, sono le metacognizioni a far sì che la timidezza
sia tale.
Le metacognizioni non riguardano la cognizione del sé,
semmai, quei processi riflessivi che si sviluppano riguardo alla cognizione del
sé e ai modi di gestire il sé.
Attività metacognitive tipiche della timidezza, ma anche di
altre forme di ansia sociale, sono il rimuginìo, la ruminazione, la preoccupazione, la soppressione del pensiero.
Tuttavia l’aspetto meta cognitivo
di queste attività sono quei pensieri secondo i quali queste possano essere
utili alla soluzione della propria sofferenza; che riguardano il fatto che non
si riesce più ad avere il controllo di queste attività (soprattutto il
rimuginìo e la ruminazione) e che quindi procedono automaticamente
indipendentemente dalla propria volontà; o il fatto che i tentativi di reprimere
la tendenza a rimuginare o ruminare falliscono miseramente.
Nelle paure della persona timida ritroviamo elementi che
possono rimandarci alle credenze di base disfunzionali sottostanti o a i
processi metacognitivi.
Le paure dei timidi, sono in genere, circoscritte ad alcune
tipologie, prima fra tutte, la paura del giudizio negativo degli altri.
Questo tipo di timore è strettamente legato al profondo
bisogno di appartenenza sociale che il soggetto timido percepisce come precaria
o mancante.
Anche il timore del rifiuto può collegarsi al tema dell’appartenenza
sociale.
Il timore di non essere all’altezza della situazione o degli
altri, di non essere capace di sostenere una situazione un evento, la paura dell’insuccesso sono più strettamente legati a credenze riguardanti una
personale inadeguatezza.
In realtà, il tema dell’appartenenza sociale è lo scoglio
primario di ogni forma di timidezza, proprio in quanto essa è riferita alla
vita con gli altri.
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