14 luglio 2017


Quello dell’appartenenza è un bisogno primario dell’essere umano ed è anche uno dei grandi problemi che generano sofferenza nelle persone timide tanto, che possiamo parlare di dolore della non appartenenza.

Benché ciascuno di noi ha la propria individualità e personali obiettivi, non possiamo fare a meno di affermare anche la nostra identità sociale in quanto animale gregario; in ciò, il senso di appartenenza (a una coppia, a una famiglia, a un gruppo, a un consesso, a una categoria sociale ecc.) è un ingrediente che ci permette di sentirci sociali. 

Edvard Munch - The Day After
Le persone aspirano ad appartenere a una entità plurima di individui e, perciò, adottano strategie e tattiche comportamentali per farsi accettare come membri dell’aggregazione cui tendono.

Le persone timide anche se apparentemente possono apparire troppo riservate, evitanti, snob, persino asociali, aspirano profondamente a vivere la condizione di appartenenza.

Infatti, mentre l’asociale è oggettivamente disinteressato, in modo più o meno assoluto, agli interessi, alle aspirazioni e alla vita altrui e comunitaria, e perciò si distacca dalla vita sociale e preferisce non interagire, l’ansioso sociale si ritrova ad essere separato non per volontà propria, ma per condizione indotta.

In molti casi, la difficoltà dell’individuo timido a inserirsi in un contesto sociale lo induce a cercare le cause di questa difficoltà nell’appartenenza, in direzione di proprie presunte difettosità oppure dell’indisponibilità sociale altrui.

Spesso sotto accusa viene posto l’aspetto fisico, così corporeità e valori estetici, socialmente veicolati, finiscono con l’essere individuati come gli elementi di discrepanza che causano il fallimento nell’interazione sociale. 

Altrettanto frequentemente le colpe sono individuate nella natura sociale dell’uomo; in tal caso gli altri appaiono come individui finalizzati a una sorta di egoismo di gruppo, e da qui scaturiscono anche sentimenti di rancore.

Ma perché gli altri evitano le persone che hanno forte difficoltà di interazione?

Le ragioni sono diverse e persino presentarsi in maniera associata.

Una delle principali cause sono le modalità comportamentali dell’ansioso sociale. 

Si tratta di modelli di comportamento non funzionali all’interazione interpersonale. In questi casi possono incidere molto la carenza di abilità sociali e le condizioni ansiogene interiori della persona timida.

La timidezza implica o il mancato apprendimento di modelli di relazionamento sociale efficaci, oppure il loro mancato esercizio.

La persona timida, così come tutti gli ansiosi sociali, adottano modelli comportamentali che gli altri non riescono a riconoscere o a comprendere, e li interpretano in modo errato.

È un po’ come trovarsi in un paese dove si parla una lingua sconosciuta.

Inoltre, la ritrosia, l’inibizione ansiogena, l’evitamento, le reazioni aggressive o passive finiscono col trasmettere all’esterno messaggi di non disponibilità, di scarsa volontà socializzante. 

Non dobbiamo dimenticare che il comportamento è comunicazione a prescindere dalle personali intenzioni.

Ciò implica che anche postura e mimica facciale possono trasmettere sensazioni negative agli altri.

Sempre in tema di comportamento, possiamo portare l’esempio di chi fa scena muta che può essere percepito come assente e, dunque può affermarsi un pensiero tipo: “se già di per sé, tale persona è assente, che senso ha invitarla?”.

Un altro fattore che interviene è la paura della sofferenza

L’essere umano tende sempre a evitare quelle situazioni che percepisce o valuta, attraverso il pensiero previsionale, come a forte rischio di danno. In tal senso, un ansioso sociale può essere percepito come soggetto portatore di emozioni negative contagiose.

Tuttavia, per lo più, sono i modi del dire e del fare a generare i problemi maggiori che inducono i non ansiosi a evitare gli ansiosi.

Altro aspetto è la tendenza degli individui timidi a diradare i rapporti interpersonali in termini quantitativi e di frequenza. 

In questo caso, il ritiro sociale rompe i legami esistenti rendendoli precari: gli altri non riconoscono più l’effettiva appartenenza al gruppo e percepiscono l’ansioso sociale come un estraneo.


In altri casi il disperato e ansioso bisogno di appartenenza può anche produrre comportamenti di attaccamento esagerati: l’appiccicosità, la logorroicità che impedisce agli altri di esprimersi, l’esasperato protagonismo, la forte passività o tendenza a essere sottomessi. Tutti fattori che rendono la persona poco attraibile o desiderabile.

Quando la anassertività si presenta come tratto pregante della personalità e/o del carattere di una persona, diventa un fattore di allontanamento o di isolamento.

Per concludere, se gli altri ti evitano, prima di pensare di essere brutta/o oppure di provare rancore verso gli altri, analizza i tuoi comportamenti e come le altre persone vi reagiscono, magari trovi la soluzione.



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