Quando la persona timida conferisce a sé stessa la causa e/o
la colpa delle proprie sofferenze si auto rigetta, non si accetta, se potesse,
si ripudierebbe.
C’è da dire che attribuirsi delle colpe non significa
averne, anzi, generalmente, il soggetto timido, e l’ansioso sociale in
generale, tende ad ascrivere a sé, colpe e fattori causali della propria
infelicità.
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Mariarita Renatti - lana nera |
Non si accetta il proprio corpo, il carattere personale,
l’identità che si ritiene di avere, certi tratti caratteristici della propria
personalità, l’indole che si ha.
“Mi faccio schifo,
sono incapace di relazionarmi con le persone”; “faccio pena per questa mia
nullità”; “che squallido/a che sono, non mi riesce di far nulla di buono”;
“sono ridicolo/a, qualunque cosa faccio mi viene storta”; “non c’è cosa in cui
riesco, sono da buttar via”; “sono repellente, perché mai gli altri dovrebbero
prestarmi attenzione?”; “Sono completamente sbagliata/o”; “ho un carattere
schifoso”.
La quantità di frasi auto accusatorie del genere è
incredibilmente vasta; gli aspetti e le qualità personali che si pongono sotto
accusa sono proprio tante.
La non accettazione del sé parte, dunque, da valutazioni e
giudizi negativi sulla propria persona.
Dinanzi a evidenti esiti negativi nelle esperienze di
interazione, il soggetto timido, è spinto da impulsi emotivi che lo inducono a
personalizzare le ragioni degli insuccessi.
Il dito è puntato su ciò che appare in superficie, anche
perché le cause reali, originarie, sono di natura cognitiva e inconscia.
Nel tentativo di raccogliere prove sulle cause del proprio
insuccesso, guardando ciò che è percettibile al proprio stato cosciente, si
finisce col considerare causale ciò che, in realtà, sono conseguenze di fattori
sottostanti.
Si guarda l’impaccio, il mutismo, la difficoltà ad
esprimersi, la mancanza di coraggio nell’azione, le rinunce, i comportamenti sommessi,
passivi o anche aggressivi, la mancanza di savoir-faire, i blocchi mentali, le
reazioni incontrollate.
Purtroppo, le persone timide tendono ad associare questi
elementi disfunzionali comportamentali o mentali, a una inadeguatezza di sé
stesse.
Difficilmente sono consapevoli che i comportamenti, nelle
situazioni che temono, sono oggetto dell’inibizione ansiogena, e che questa sia
molto, davvero potente.
Anche quando si rendono conto di essere incappati
nell’inibizione ansiogena considerano, quest’ultima, una loro colpa. In
pratica, tutto ciò di negativo che proviene da sé, è una colpa personale.
In questo modo di ragionare è evidente la difficoltà di
comprendere la complessità della mente umana; a cogliere il suo rapporto con i
processi automatici di valutazione che, come ben sai, non sono sotto il
controllo della volontà e dello stato cosciente; né coglie il forte potere
condizionante delle emozioni e del pensiero emotivo.
Non si accetta la propria natura umana.
I soggetti timidi
stanno a controllare le discrepanze tra sé e gli altri, per misurare il
presunto grado di inadeguatezza che li separa dal mondo dei “normali”.
Come ho accennato, i comportamenti disfunzionali messi in
atto sono considerati, dall’individuo timido, come prova di qualità negative
possedute: inabilità sociali, incapacità nel fronteggiare determinati eventi
con efficacia, difettosità di natura, non amabilità, non attraibilità,
inconsistenza caratteriale, insignificanza della personalità.
Giacché gli sfuggono la natura cognitiva e l’inconsapevolezza
del carattere inconscio dei fattori che stanno alla radice della propria
timidezza, nonché la peculiarità automatica di molte funzioni mentali che
sfuggono alla capacità di controllo cosciente, il soggetto timido ferma la
propria auto analisi solo su ciò che appare e su una quantità di dati
estremamente limitati.
La valutazione che fanno su sé stessi, e il giudizio
negativo che ne consegue, poggiano su un insieme insufficiente e inadeguato di
informazioni.
La non accettazione del sé ha conseguenze negative
consistenti: la perpetuazione sine die del giudizio negativo sul sé, la
conferma e il rinforzo delle credenze disfunzionali sul sé, il mantenimento
della condizione della timidezza, il permanere di un muro che impedisce il
cambiamento, il persistere, se non il peggioramento, del modo disfunzionale di
vivere il rapporto con le proprie esperienze interne.
Sappi, che se non impari ad accettarti, nessun cambiamento
della tua vita è possibile: l’accettazione è il primo passo per liberare te
stessa/o.
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