PRIMA PARTE
Mi appresto
a trattare un argomento alquanto complesso e ampio, per questo sarà diviso e
distribuito in più parti come mia abitudine.
Per tanti
sofferenti la propria ansia sociale è motivo di vergogna. Un aspetto che li
accomuna alle persone depresse e a un po’ di individui con sofferenze
biologiche.
Le ragioni
della vergogna provata dagli ansiosi sociali, come anche dai depressi, sta
probabilmente nel percepirsi inadeguati.
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Annette Schmucker - senza titolo |
Un fattore che va osservato è che mentre l’altro è considerato persona
normale, si ritiene che la propria persona non lo sia.
L’ansioso sociale si
sente un diverso.
Il problema
è che questa diversità percepita genera un solco etico-morale tra l’idea della
normalità e quella della anormalità così come valutate dalla soggettività
dell’ansioso sociale.
La discrepanza tra l’idea del sé ideale e quella percepita come reale, diventa un confine tra l’accettabilità e la ripugnanza sociali, tra l’eticamente valido e l’invalido.
Sembra
quasi che, nella mente degli ansiosi sociali, l’essere afflitti da forme di
ansia sociale costituisca un peccato, lo sforare i limiti di determinati valori
etico-sociali.
Chiaramente si tratta di valori che hanno importanza rilevante
nella visione morale del soggetto ansioso.
Non
necessariamente tali valori ricoprono la stessa importanza anche negli altri.
Come accade in ogni persona, quella con ansia sociale ha un proprio sistema
morale, un insieme soggettivo di valori. Solo che i valori etico-morali della
persona ansiosa sono fortemente influenzati dalle personali e disfunzionali
credenze di base e da quelle derivate.
Il
percepirsi inabile o incapace può rappresentare un fattore di non
corrispondenza ai valori richiesti nella società o nel gruppo o nell’insieme sociale
cui l’ansioso fa riferimento.
Va da sé
che inabilità sociale o incapacità a far fronte con efficacia agli eventi,
diventano elementi di comparazione ai fini della valutazione del proprio valore
personale.
In questo
caso il considerarsi privo di valore può essere ritenuta una rottura, un
mancato rispetto di ciò che l’ansioso sociale ritiene essere dettami etico
morali fondanti della società umana.
Come avrai
notato, ho più volte fatto notare come i valori considerati primari e/o
fondamentali sono quelli soggettivi dell’ansioso sociale, non quelli
dell’intera collettività; cioè si tratta dei valori a cui egli conferisce
grande importanza e che pensa siano coincidenti con quelli espressi dalla
società.
Ovviamente, tutto questo ragionamento è valido solo riferendoci a quei
valori implicati nell’esercizio dell’interazione sociale.
Nel suo
dialogo interiore, l’ansioso sociale può fare solo riferimento ai propri
personali valori etico-morali. Ciò, anche perché egli ha una propria
definizione del mondo, degli altri e di sé; tutto questo implica
inevitabilmente una rappresentazione soggettiva del mondo reale, compresi
valori e significati.
A essere sinceri, quest’ultima considerazione è vera per
tutte le persone ma, nel caso delle ansie sociali, ci troviamo di fronte a
credenze di base e derivate, ad assunzioni e precetti che travalicano i
significati collettivi.
In pratica,
l’identità collettiva di un soggetto ansioso subisce un processo di
soggettivizzazione estesa di sensi, significati e valori. All'ansioso sociale può
apparire collettivo ciò che è solo il risultato di un processo cognitivo
soggettivo.
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