Ai temi di vita corrispondono i piani di vita. Tale corrispondenza comincia a formarsi sin dall’infanzia quando il bambino si trova a dover gestire i temi dolorosi.
I piani di vita, in sé, non hanno valenza negativa o positiva, essi sono strategie di autoregolazione cognitiva. La loro disfunzionalità si verifica allorquando finiscono col diventare degli antiscopo, cioè, quando sono applicati in maniera rigida a nocumento di scopi e obiettivi, impedendone il raggiungimento.
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Giorgio Brunacci - s.t |
Nella timidezza, e nelle altre forme di ansia sociale, il piano di vita è rigidamente vincolato al tema doloroso e questo non permette l’apprendimento o la creazione di nuovi piani.
In tal modo il piano di vita resta prigioniero dei contesti storici originari e, pertanto, senza evolversi e/o adeguarsi ai nuovi contesti temporali, alle nuove conoscenze acquisite alla coscienza, alle autonomie raggiunte con l’avanzare dell’età, eccetera.
Essendo il piano di vita una strategia di reazione agli stimoli emotivi e cognitivi che tende a mantenere uno stato di equilibrio interno (omeostasi psichica), subisce anche l’influenza delle credenze di base.
Ciò implica delle reciproche interferenze per cui un piano rigidamente legato al tema di vita funziona come conferma e rinforzo delle credenze di base sottostanti, così come le credenze irrigidite partecipano al perpetuare il piano disfunzionale.
Il piano di vita, in quanto strategia di autoregolazione cognitiva, nel momento in cui si irrigidisce, restringe anche il suo campo d’azione e finisce con l’essere limitato al solo controllo dei temi dolorosi.
In definitiva, possiamo definire un piano di vita quell’insieme di strategie di regolazione cognitiva che l’individuo adotta come strumento di protezione, come mezzo di prevenzione e come controllo del rapporto con i pensieri, la memoria, le percezioni, le impressioni e le sensazioni associate al tema di vita.
Un piano di vita disfunzionale non è stato necessariamente tale nelle circostanze relative al periodo di vita in cui si sono formate, è infatti possibile che quei comportamenti adottati età infantile per rispondere a determinati stimoli abbia potuto avere una funzione positiva.
Il problema sorge nel momento in cui quel piano di vita resta immutato anche negli anni successivi.
Sono state individuate tre tipologie principali di piani di vita:
- I piani immunizzanti sono caratterizzati dal fatto che la persona timida e l’ansioso sociale tendono a riempire gli spazi mentali e le attività fisiche in modo da escludere dallo stato cosciente il tema doloroso. Lo fanno utilizzando sostanze come gli alcolici in modo da ridurre il livello di consapevolezza dello stato doloroso; ricorrente ad attività fisiche o mentali in modo da esaurire ulteriori risorse psichiche; favorendo l’instaurarsi di condizioni emotive intense e alternative come ad esempio la rabbia, l’euforia o ricorrendo a sostanze eccitanti. In pratica tendono di rimanere in una condizione permanente di sicurezza o di piacere. Per contro i piani immunizzanti impediscono di riconoscere la transitorietà delle condizioni interiori e delle stesse emozioni; al tempo stesso, la riduzione dello stato di consapevolezza del dolore interiore ne impedisce anche la sua espressione funzionale nelle relazioni generando, o mantenendo, una incompetenza o inabilità espressiva delle emozioni che fin uscire anche con il ridurre la funzionalità dei comportamenti nelle interazioni sociali.
- I piani prudenziali si caratterizzano per mezzo di attività di monitoraggio ed evitamento sistematico. Gli ansiosi sociali si tengono lontano da qualsiasi contesto che possa comportare o evocare qui gli stimoli considerati minacciosi o pericolosi. Le conseguenze di queste strategie sono da una parte l’impedimento a verificare le personali competenze sociali e/o a svilupparle, e dall’altra, impediscono l’evolversi o il formarsi di quei comportamenti mentali che favoriscono i processi di esplorazione e di costruzione dell’esistenza.
- Infine i piani prescrittivi consistono in attività sostenute da metacognizioni disfunzionali attraverso il controllo degli stimoli considerati minacciosi, il rimuginìo e la preoccupazione. Il rovescio della medaglia sta nel fatto che si aumenta notevolmente l’afflusso di pensieri negativi e la loro focalizzazione sui temi dolorosi, mentre le metacognizioni tendono al tema della non controllabilità o della positività delle attività di rimuginìo, preoccupazione e controllo facendo, dunque, precipitare il soggetto in una spirale da cui non riesce a uscire.
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