Per temi di vita s’intendono quei processi cognitivi che la mente elabora sulla scorta delle fragilità emotive personali. Sono, dunque, l’espressione di vulnerabilità emotiva.
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Annette Schmucker - senza titolo |
Faccio spesso notare come le credenze di base disfunzionali, all’origine delle ansie sociali, quindi anche della timidezza, vertono su definizioni del sé che descrivono la propria persona in termini di inabilità a interagire socialmente, incapacità nel far fronte a determinate situazioni o eventi con efficacia, non meritevolezza d’amore, difettosità innata e/o inferiorità; e su definizioni degli altri o del mondo come fonte di pericolo e minaccia.
I temi di vita sono segnati dall’imprinting di tali credenze.
Tuttavia, il fattore emotivo costituisce il motore dei processi elaborativi che sottendono il divenire dei temi di vita.
Queste considerazioni implicano il coinvolgimento di quattro stati emotivi quali l’immobilità e/o il panico, la tristezza e/o la depressione, l’ansia e/o la paura, la vergogna e/o la colpa. A ciascun tema di vita corrisponde il coinvolgimento preminente di uno di questi stati emotivi.
Il tema dell’insicurezza personale
L’idea di incapacità, talvolta di inferiorità, di difettosità descrittivi del sé, implica percepire la propria persona come fragile, fortemente vulnerabile, bisognoso di garanzie e certezze, di avere un luogo protetto in cui godere della presenza di figure significative che siano anche affidabili. Generalmente, le persone timide che vivono il dolore e la sofferenza di questo tema di vita sono cresciute in ambienti familiari che le hanno indotto a vivere le esperienze come pericolose per se stesse.
Il tema dell’inadeguatezza
Qua l’idea di un sé incapace, inabile, inferiore o difettoso comporta il pensiero di essere fuori posto, inadatto all’ambiente sociale in cui si vive, sempre sull’orlo di una precaria appartenenza. Il pensiero del fallimento è dietro l’angolo. Nel tema dell’inadeguatezza il pericolo è dato dall’isolamento, dalla solitudine, dall’esclusione, dalla non appartenenza sociale, dalla marginalizzazione. I trascorsi infantili e nell’età della fanciullezza in ambienti iperprotettivi, o molto ansiosi, magari con genitori che si sostituiscono nelle decisioni ai figli, sono spesso alla base dello sviluppo di questo tema di vita. Quello che viene a mancare nella prima dozzina di anni di vita è, in genere, l’inibizione all’esplorazione e/o la mancanza di apprendimento di modelli comportamentali e concettuali per far fronte agli eventi e alle situazioni con efficacia.
Il tema dell’indegnità
La considerazione della propria persona come inferiore, stupida, difettosa, fa strada all’idea di un sé moralmente indegno, non meritevole, addirittura colpevole. Questo tema di vita trova le sue radici in una infanzia e una fanciullezza vissute sotto l’effetto di comportamenti genitoriali ipercritici, oppressivi e/o controllanti e con valori trasmessi attraverso modelli colpevolizzanti, punitivi e umilianti.
Il tema del disamore
Si avverte il vuoto dentro di sé. La persona afflitta da ansia sociale non si sente amata, né si vede in tal modo. La tristezza è l’emozione dominante. La storia di chi vive questo tema di vita affonda in una età infantile e fanciullesca a contatto con ambienti familiari non calorosi, dai rari o assenti o impacciati contatti corporei. L’interazione emotiva con le figure di riferimento si svolge con relazioni fredde ed emotivamente distaccate. In tali condizioni il bambino non riesce neanche ad apprendere diverse modalità di espressione delle emozioni.
I temi di vita si manifestano soprattutto attraverso i pensieri automatici, cognizioni intrusive accompagnate da sofferenza emotiva.
La loro formazione è da considerarsi un apprendimento emotivo attraverso la ripetitività di esperienze emotivamente dolorose e che, proprio perché vi è reiterazione, partecipano alla conferma e al rinforzo delle credenze e degli schemi cognitivi disfunzionali.
La reazione a questi temi di vita è il ricorso a strategie attentive che hanno come obiettivo la regolazione emotiva e cognitiva. Ciò implica che tali strategie si esplicano attraverso attività di monitoraggio, di evitamento cognitivo e/o comportamentale.
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