18 gennaio 2018


Sostanzialmente, la paura di amare è paura della sofferenza; quest’ultima sembra essere il timore finale, quello definitivo. Ma è accompagnata da uno stuolo di paure, che potremmo definire intermedie tra l’idea dell’esperienza e il timore della sofferenza.

Infatti, chi ha il timore di amare vive anche l’esperienza di provare emozioni di paura legate all’abbandono, al fallimento della relazione, al percepirsi come incapace di vivere e gestire una relazione, al mostrarsi all’altro/a inabile o incapace, al giudizio negativo dell’altro/a, al non considerarsi meritevole d’amore.

È chiaro che questi timori afferiscono principalmente alle credenze di base inerenti la definizione del sé, dell’altro o di ambedue.

Edvard Munch - Amor and Psyche
Va anche considerata la storia delle relazioni dell’ansioso sociale che può incidere in maniera assai significativa nello sviluppo e nella formazione degli schemi cognitivi e, quindi, dei flussi di pensieri previsionali negativi e le conseguenti emozioni di paura.

Una storia personale che presenta esperienze vissute con grande intensità emotiva, inerenti la perdita di persone di riferimento o di abbandono da parte di soggetti significativi per l’ansioso/a sociale, possono innescare la formazione di una memoria degli eventi tragici vissuti come di trascorsi la cui sofferenza è ricordata come insopportabile o che abbiano comportato la follia, rasentato il suicidio oppure prodotto altri gravi danni alla propria persona. 


Del resto va tenuto conto che le esperienze negative nei soggetti ansiosi vengono memorizzate emotivamente nella memoria con una forte amplificazione della sofferenza vissuta.

In questo contesto, la paura di amare è descrivibile anche come paura delle conseguenze negative che potrebbero verificarsi al decadimento del sentimento o delle relazioni d’amore.

Si tratta, dunque, della paura di imbarcarsi in un percorso irto di pericoli e negatività il cui traguardo corrisponde alla sofferenza estrema.

La paura di amare non è una emozione con vita propria e autonoma, cioè, fine a sé stessa. È il risultato di processi mentali che si manifestano attraverso il pensiero previsionale.

Tale timore non è legato all’amare, bensì con l’idea di amare. È quest’idea a essere oggetto del pensiero previsionale negativo.

Nella normalità, si è consci che il pensiero previsionale costituisce l’ipotesi di possibili sviluppi degli eventi. Quindi l’ipotesi si articola nell’idea della possibilità mediata dal concetto di probabilità.

Nelle ansie sociali, il pensiero previsionale annichilisce i concetti di possibilità e probabilità, per cui anche il concetto di ipotesi perde di significato fino a fondersi con quello di realtà.

Questa è la ragione di base per la quale la paura di amare è strettamente e direttamente collegata a quella della sofferenza concepita come inevitabile, come naturale conclusione dell’esperienza, come immanente, insita nella pratica stessa di amare.

Quasi come se amore e sofferenza siano le due facce obbligate di una stessa medaglia, un legame indissolubile.

Giacché l’idea dell’esperienza d’amore è associata alla previsione negativa dello struggimento, e quest’ultimo è pensato emotivamente come catastrofico, la paura di amare assurge come emozione collegata all’idea di una sofferenza insopportabile, e cioè, ad una condizione emotiva e psichica che la persona timida ritiene di non essere in grado di gestire, un dolore la cui intensità è tale da non essere considerata superabile e che, pertanto, produce un danno che compromette, in modo irreversibile, il personale equilibrio psichico (o anche fisico) che è risolvibile solo con la morte o la pazzia.

La conseguenza di questa fobia, che si manifesta con tratti intensi e inequivocabili, quasi tangenti al terrore, si risolve con un comportamento evitante sistematico dell’esperienza d’amore e, dunque, della corrispondente emozione.

Le persone con ansia sociale, che vivono questa particolare fobia, stanno bene attente a non farsi coinvolgere in relazioni umane che possano comportare l’incedere del sentimento d’amore. 

Può tuttavia accadere che si spingono in relazioni di coppia; in questi casi, però, pongono delle condizioni, limitazioni alla tipologia della relazione che spesso implica il rifiuto della forma matrimoniale, della convivenza, della coabitazione o di legami troppo stretti.

La paura di amare può essere fraintesa, in qualche caso interpretata come mancanza di bisogno d’amore o di avversità all’affettività. Nulla è più falso di ciò.

Il problema non è l’assenza di un bisogno affettivo, ma il timore che tale bisogno possa trasformarsi in una estrema tortura interiore, in una catastrofe. 

Il bisogno affettivo resta, e la sua mancata soddisfazione provoca inevitabilmente uno stato costante di sofferenza. 

Ancora una volta l’evitamento della sofferenza produce sofferenza.



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