Possiamo dire che dove c’è timidezza c’è anche insicurezza.
È però errato pensare che siano sinonimi tra loro. Infatti, l’insicurezza è una
conseguenza della timidezza o di altre forme di ansia sociale.
L’insicurezza nasce dall’incertezza, dalla mancata sicurezza
nei risultati e nelle conseguenze.
Le persone timide soffrono pesantemente la mancanza di
certezza.
La variabilità degli esiti, la mutevolezza della realtà, delle
situazioni, delle possibili configurazioni degli eventi e dei fatti,
costituiscono un fattore di instabilità emotiva.
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Alex Hall - Relativity |
I soggetti timidi hanno credenze di base e schemi cognitivi
irrigiditi nel tempo per mezzo di esperienze avverse comportanti giudizi
sfavorevoli su sé stessi e/o sugli altri, esperienze vissute con sentimenti e
pensieri di fallimento e di conferma delle auto percezioni negative di sé.
Avendo questo retroterra cognitivo e psicologico, hanno un
paniere di possibilità interpretative della realtà molto ristretta.
L’estrema
variabilità del mondo reale è qualcosa che li sconcerta, destabilizza,
soprattutto, impaurisce.
La mutevolezza degli eventi e delle loro configurazioni, la
dinamicità del divenire, crea notevoli difficoltà interpretative ai soggetti
timidi che già vivono con ansia e trepidazione quelle esperienze che
fronteggiano con decisa preoccupazione: hanno pochi schemi di interpretazione
che utilizzano a ripetizione.
La persona timida avverte il bisogno di un “attracco”
sicuro, un porto protetto che la mette al riparo dalle turbolenze del mare
tempestoso.
Si tratta di sentimenti di paura che si dispongono su due
livelli, uno di superficie, con emozioni più immediate o esteriori, prossime
allo stato cosciente; un livello profondo con emozioni che costituiscono il
timore fondante di ogni essere umano in quanto soggetto sociale.
Nel livello di superficie la paura è timore del fallimento,
del giudizio negativo degli altri, di sbagliare, di bloccarsi, di arrossire, di
suscitare l’ilarità altrui, di subire un rifiuto.
Il livello più profondo della paura riguarda soprattutto le
conseguenze nefaste che comportano, da un lato, la non appartenenza sociale,
dalla altro, la sofferenza in sé, questa, pensata e immaginata come non
superabile, non sopportabile, come danno fatale al corpo o alla mente, come
perdita definitiva del controllo del sé.
Dinanzi all’incertezza, il pensiero della persona timida è
travagliato da presagi negativi e vive quell’intreccio di paure, poc’anzi
descritto, di cui spesso non è neanche cosciente.
L’insicurezza, dunque, è l’espressione di una condizione di
stallo tra la scelta di rischiare la sofferenza e quella di evitarla, si, perché
è in questi termini che, nel proprio dialogo interiore, spesso fatto di sole
immagini, il soggetto timido svolge i propri processi di valutazione automatica.
In altri termini, è lo stallo tra scopo e antiscopo, tra il
raggiungimento dell’obiettivo e la paura di farlo, in fondo, tra pensiero emotivo e
pensiero razionale.
Il soggetto timido non ama mettersi in gioco, poiché
percependosi negativamente in termini di qualità, si vede perdente.
L’insicurezza è, quindi, una situazione di stallo
dell’attività pensante, in cui il pensiero resta bloccato sull’idea della
scelta senza riuscire a fare il salto della decisione.
Una esposizione chiara e convincente.Grazie
RispondiEliminaGrazie a te, Fantomas
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