Accade sovente che si invita una persona timida al pensare positivo. Personalmente, preferisco suggerirle di pensare in modo possibilista poiché la vita è fatta di gioie e di dolori, pertanto bisogna imparare a ragionare e pensare tenendo conto di una più ampia gamma di scenari possibili della realtà, ma senza precipitare nel pessimismo.
Perché si fanno di questi inviti?
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Mark Tobey - entre la serenite et linquietude |
Il loro è un pensare emotivamente, cioè, condizionato, in modo assai significativo, dalle emozioni, dai sentimenti e dai convincimenti profondi negativi che si hanno su sé medesimi e/o sugli altri.
Nella formazione del sistema cognitivo logico sono intervenute esperienze di vita vissute in condizioni emotive di sofferenza e memorizzate con tali tristi impronte. Ciò che si verifica è che quanto doveva essere una descrizione della realtà oggettiva è, invece, una rappresentazione emotiva dell’esperienza.
Le credenze che si sono andate a formare nel corso degli anni, e soprattutto a partire dall’infanzia, su queste basi emotive, perdono la loro funzionalità nel perseguimento degli scopi.
È da questa discrepanza tra l’interpretazione emotiva e quella oggettiva della realtà che si consuma il disagio nel vivere nel mondo dell’interazione sociale.
Le credenze di base sul sé sono memorizzazioni di definizioni sulla propria persona che, in questi casi, la descrivono, ad esempio, come soggetto incapace a fronteggiare gli eventi e situazioni con efficacia, inabile a districarsi nel mondo delle relazioni interpersonali, non amabile e/o non attraente come persona, “difettoso” per nascita.
Analogamente le credenze di base sugli altri li descrivono come indisponibili, discriminanti, ostili, escludenti, e altro ancora.
Tutto ciò ha delle implicazioni cocenti. Tutti i processi elaborativi basano le loro valutazioni, previsioni e decisioni su queste definizioni del sé e degli altri.
È chiaro che se si hanno convincimenti negativi sulle proprie prerogative e capacità personali su quelle degli altri, ogni ragionamento previsionale, da strumento utile per determinare una strategia efficace di fronteggiamento, si trasforma in una rassegna di cattivi presagi.
È bene tener presente che la memoria emotiva tende sempre a enfatizzare e ad accentuare, spesso in maniera assai eccessiva, l’intensità delle emozioni vissute.
Ciò implica che la memoria conserva la descrizione delle sofferenze come esperienze particolarmente gravose.
Un’altra implicazione è che la sofferenza tende a essere ricordata come qualcosa che non si è più in grado di sopportare, che è portatrice di danni gravi o permanenti.
Un tale insieme di fattori favorisce l’insorgere dell’emozione della paura e questa, a sua volta, incrementa il livello di pessimismo nello svolgimento del pensiero e delle valutazioni. È il circolo vizioso della timidezza.
L’insieme delle credenze formatesi su base emotiva, oltre a essere disfunzionali sono anche assai rigide e ciò comporta che le capacità valutative degli eventi, delle situazioni e delle esperienze si rifanno a un paniere assai ristretto di modelli interpretativi.
È come vedere un paesaggio fiorito in primavera in bianco e nero. Ma ciò che frega ancora di più la persona timida è la tendenza marcata a favorire le tinte grigie e nere.
Sotto la pressione dell’ansia e della paura, il pensiero diventa sempre più emotivo e radicalizza ulteriormente i propri processi previsionali, fino a diventare unidirezionale.
Il pensiero razionale è soppiantato. Ciò nonostante ai soggetti timidi il loro pensare appare decisamente logico, fluente, ragionato.
Il rischio, il pericolo previsto appare immanente, imminente, certo, inevitabile, scontato, ovvio.
Cosa si verifica in questo processo valutativo che conduce a conclusioni negative e uniche?
Il soggetto timido, nelle situazioni ansiogene, è ostaggio involontario e inconsapevole delle emozioni, dei sintomi d’ansia e del pensiero emotivo.
L’idea della pluralità delle configurazioni possibili delle realtà viene annichilita.
Anche se altre eventuali possibilità vengono paventate dalla mente, queste sono escluse con rapidità perché considerate non verosimili, non “possibili”.
La probabilità cessa di essere un metro di misura delle possibilità in quanto la possibilità che possa accadere qualcosa di diverso dall’ipotesi dominante è stata scartata.
La probabilità finisce con l’approssimarsi al concetto di certezza, sebbene la persona timida non ha consapevolezza di quest’aspetto concettuale.
L’implicazione dell’annullamento, o della riduzione, della funzione del concetto di probabilità è che anche il concetto di possibilità perde la sua funzione di valutazione logica.
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