3 aprile 2018


Per le persone timide l’incertezza è come la peste. 

Per una mente che ha strutturato e radicato schemi cognitivi rigidi, un assai ristretto ventaglio valutativo di pensieri previsionali e lo stesso riguarda per i propri modelli interpretativi di comportamenti, situazioni ed eventi relazionali, l’incertezza rappresenta l’impossibilità di stabilire se una esperienza o da una esperienza possa scaturire un esito positivo o il raggiungimento di uno scopo.

Carlo di fronte ad Angela con l’alternarsi dei suoi comportamenti ora allusivi, ora invitanti, ora respingenti, ora accoglienti, ora negazionisti, va in crisi. Non sa se la donna che ama è interessata a lui oppure no. Di conseguenza non sa come comportarsi, teme dannatamente il rifiuto di lei, di apparire inopportuno, di non essere abbastanza per lei: “ah! Se Angela venisse da me e mi dicesse ti amo”. Preferirebbe la dichiarazione d'amore esplicita di lei, quella sì, che sarebbe una certezza.

Ingrid desidera tanto a far parte di un gruppo di persone. Vede alla scioltezza dei comportamenti e dei linguaggi di quelle persone, sembrano troppo per lei, non riesce a interagire e ogni volta che pensa di farlo si blocca. Teme di essere inferiore a essi, di apparire stupida, di non essere bene accetta: “se fossi sveglia come loro”. Se fosse sveglia come loro non sarebbe corrosa dai dubbi, dalle paure, dall'incertezza dei risultati.

Daniel Robinson - paura nera
Nel momento in cui le paure paventano incapacità di fronteggiamento, inabilità nell’interazione sociale, la non amabilità come persona, la minorità intellettuale, la difettosità fisica, l’io sociale del soggetto timido avverte pesantemente il pericolo della non appartenenza.


Il timore del rifiuto, la paura di essere giudicati negativamente dagli altri, di fallire nei propri tentativi di interazione, di compromettere per sempre le proprie possibilità di appartenenza costituiscono lo scenario di fondo che danno luogo alle sue difficoltà interpretative dei comportamenti altrui e nelle valutazioni previsionali.

L’ansioso sociale avverte il pressante bisogno di dichiarazioni nette ed esplicite che non diano luogo a una varietà di ipotesi interpretative. Avverte il bisogno di andare sul sicuro. 

Avendo anche difficoltà nell’interpretazione del linguaggio non verbale, nel trasferirlo nella propria coscienza esplicita traducendo tali stimoli in significati chiari e incontrovertibili, egli preferisce decisamente il linguaggio verbale a quello non verbale.

E ciò è comprensibile, giacché il linguaggio non verbale presenta, di gran lunga, una maggiore possibilità di errore interpretativo rispetto a quello verbale.

Come dicevo la difficoltà di interpretazione e valutazione oggettive e la tendenza a interpretare negativamente le esperienze, se da una parte è alimentata dalle paure di avere prerogative personali negative, dall’altra è motivo di alimentazione dello stesso processo. Non a caso parliamo di circolarità dell’ansia sociale.


Vivere in un mondo di interazioni interpersonali fatto di certezze significa, per la persona timida, non andare incontro ai patemi d’animo, alle paure che scaturiscono dalle tendenze e dagli stili interpretativi delle esperienze, poter procedere in una determinata direzione conoscendo in anticipo l’esito dell’esperienza.

Il rischio è un concetto, idea, immagine, sensazione, che l’ansioso sociale non vuole incontrare nelle proprie elaborazioni valutative e previsionali. Soprattutto quando a esso sono collegate le sue paure abituali e le credenze negative del sé.

Nella mente della persona timida, dove non c’è certezza c’è il rischio di subire un danno grave fisico o psicologico. 

Qui il pericolo paventato nel proprio pensiero assomiglia, più che a un rischio, a una certezza. Già, perché nei processi valutativi dell’ansioso sociale, possibilità e probabilità sono concetti assai, ma proprio assai relativi. Infatti, nel pensiero previsionale tende a manifestarsi un’unica ipotesi di segno negativo o una pluralità di ipotesi a carattere catastrofico.

Nell’ansia sociale la previsione negativa di un esito è vissuta emotivamente come una certezza. Per ironia della sorte, il bisogno di certezza del soggetto timido si manifesta anche nel momento in cui è chiamato a considerare e prevedere i possibili esiti di una esperienza.

Egli tende a considerare certo tutto ciò che emerge dal suo pensare previsionale. Non si tratta di una certezza proveniente dalle sue capacità di pensiero oggettivo, ma dal suo pensiero emotivo.



0 commenti:

Posta un commento

Grazie per il commento