“E se non le/gli piaccio?”, “ma forse non mi caga proprio”, “magari
sono inopportuno/a”, “e se mi dice di no?”, “forse fa così perché vuole
liberarsi di me”, “non so che fare”, “non so cosa dire”, “penseranno male di me”,
“se faccio una brutta figura?”, “magari penseranno che sono una persona stupida”,
“va a finire che diventerò tutto rosso/a, e gli altri rideranno di me”, “sento
che non ce la farò”.
Che bisogni esprimono tutti questi pensieri automatici negativi?
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Renè Magritte - il principio dell'incertezza |
Il mondo delle possibilità variegate è visto a tinte fosche,
come l’addentrarsi nel bosco in una notte nebbiosa: quali e quante insidie si
celano nel buio e nella nebbia?
Per gli ansiosi sociali l’assenza di una garanzia assoluta
di successo equivale a essere fortemente esposti a esiti e conseguenze negative
per mezzo di quelle carenze, fragilità e inadeguatezze che essi pensano di
avere.
Avere la “certezza di…”, pertanto, significa entrare in un porto sicuro, al riparo dai rischi, degli insuccessi, dal fallimento, dal giudizio negativo degli altri.
L’incertezza spaventa per il carico di rischi e pericoli che contiene, perché comporta la possibilità che qualcosa di negativo possa accadere, le probabilità considerate elevatissime che quelle possibilità negative possano avverarsi, perché l’unica certezza plausibile appare quella nefasta.
Nella mente, in preda alla paura rafforzata, tra l’altro,
dai pensieri previsionali negativi, le idee di probabilità e di possibilità
assumono il significato di finire nel vicolo cieco delle personali
inadeguatezze e, dunque, finiscono con il coincidere con la certezza della
previsione negativa.
Paradossalmente, la probabilità si annichilisce nella
drastica riduzione delle possibilità, e queste, a loro volta, verso gli
indirizzi negativi dettati dal pensiero previsionale.
Il bisogno di certezza fa eco al bisogno di evitare la sofferenza dovuta all’esperienza di un insuccesso e alle conseguenze negative che
ne deriverebbero.
Non è un aspetto di poco conto, anzi, fa la differenza tra l’essere
ansiosi sociali e no.
Le conseguenze negative conseguenti un insuccesso, non
riescono nemmeno ad essere concretamente immaginate: generalmente il pensiero,
anche se espresso nella forma di immagini, si fermano all’inizio della debacle
prevista, cioè all’atto dell’insuccesso.
Sembra quasi che il pensiero sia persino spaventato all’idea
di guardare oltre quel momento fatale. Oltre questo confine c’è la generica
idea della sofferenza pensata come qualcosa che non si è in grado di
sopportare, o a cui non si è in grado di rispondere in maniera sufficiente.
Possiamo dire che il bisogno di certezza corrisponde alla
paura della sofferenza.
Se andiamo ad analizzare alcuni aspetti sequenziali di questi
processi cognitivi, ci accorgiamo che i pensieri automatici fanno riferimento a
sottostanti credenze di base disfunzionali che descrivono il sé e il sé-con gli
altri in termini negativi e, tutti insieme, partecipano a un sistema
sequenziale di pensieri tutti rivolti al negativo.
È chiaro che a una sequenza di pensieri incentrati sull’incapacità,
sulle inabilità, in breve, sull’inadeguatezza personale, corrispondono previsioni
negative riguardanti la propria partecipazione a eventi, fatti e situazioni e
alla valutazione di esiti che delineano l’insuccesso.
Dietro la paura del fallire, dell’essere giudicati
negativamente, nell’apparire come portatori di prerogative personali negative, soggiace
la paura primaria della sofferenza che implica il dolore della non appartenenza
sociale, la quale, significa solitudine, esclusione, emarginazione.
In base a tutto ciò, possiamo anche considerare il bisogno
di certezza come l'esigenza di avere un baluardo a difesa della integrità personale all'interno dell'interazione sociale.
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