3 luglio 2018


Molti per indicare l’attività di pensare agli eventi trascorsi nella propria vita utilizzano il termine “rimuginìo”. In psicologia questa attività viene, invece, chiamata ruminazione.

antony williams - Emma
Mentre il rimuginìo è un’attività di pensiero insistente che afferisce a pensieri riguardanti il proprio presente, il futuro prossimo o remoto; la ruminazione, che pure è una attività di pensiero insistente, riguarda la propria esperienza trascorsa.

Sia il rimuginìo, sia la ruminazione, sono modalità di pensiero e strategie di tipo metacognitive. La loro funzione è quella di orientare la persona verso il problem solving.

Il problema è che queste strategie metacognitive funzionano solo se vi si ricorre per periodi di tempo limitati. Nella timidezza, come in tutte le altre forme di ansia sociale, non è così.

Nella timidezza, la ruminazione si presenta come un’attività di pensiero persistente e pervasivo che può acquisire carattere compulsivo, nel senso che la persona timida non riesce più ad astenersi dal ruminare.


Nella timidezza l’attività ruminante è un continuo pensare al passato di cui sono presi in considerazione solo gli eventi vissuti con sofferenza o che hanno comportato insuccessi, occasioni perdute, presunta emersione di inadeguatezze personali o inadempienze altrui da cui il soggetto ha ricavato un danno.

Essendo riferite a esperienze vissute negativamente, la ruminazione implica l’attivazione di un carico emotivo persistente in tutto l’arco temporale in cui si concretizza la ruminazione.

In pratica durante il processo ruminativo il soggetto timido rivive le emozioni vissute nelle esperienze che sta ricordando. Ma non solo.

Va tenuto presente che, generalmente, gli eventi che memorizziamo non coincidono con la realtà dei fatti quando questi sono vissuti emotivamente. Infatti, le emozioni soggettivizzano l’esperienza.

Ciò comporta che la memoria riporti di esperienze ricordate con una intensità emotiva ben superiore a quella oggettivamente verificatesi. 

In breve, nel caso delle persone timide, si verifica una amplificazione di valutazione del grado della sofferenza vissuta.

La persona timida rumina nella speranza di trovare spiegazione e soluzione ai propri problemi esistenziali. 

Tuttavia dato che la ruminazione si trasforma in una attività emotivamente carica, si attivano anche altre emozioni generate dai processi di valutazione della ruminazione stessa.

Nella ruminazione il pensiero tende a insistere su un unico tema, un’unica scena, su un momento top dell’esperienza negativa vissuta: l’ansioso sociale vive e rivive continuamente, ripetutamente, compulsivamente, sempre la stessa situazione, sempre le stesse immagini mentali. 

Egli si trova in una condizione di stallo mentale, il pensiero non riesce a sviluppare strategie di problem solving, resta bloccato sulla dinamica degli eventi ricordati.

Tale condizione favorisce la tendenza abituale dell’ansioso sociale alla severa autocritica, al giudizio negativo di sé e, allo stesso tempo, ha una forte difficoltà nell’accettazione degli eventi trascorsi. La persona timida non riesce a capacitarsi di ciò che ha fatto o di ciò che gli è capitato.

“Ma come ho potuto farlo!”, “Perché è successo proprio a me?”, “Come è potuto succedere?”, “Non doveva accadere”, “sono proprio stato un deficiente”, “ma come è possibile fare queste cose!?”.

Qui entrano in gioco senso di frustrazione, disperato rammarico, sentimento di fallimento personale, risentimento o rancore verso gli altri.

Questi fattori emotivi sono prodotti dall’attività metacognitiva generati dal processo ruminativo, e vanno ad aggiungersi alle emozioni le vissute dal ricordo.

Il metapensiero, che si attiva nella neocorteccia e che è il frutto dell’evoluzione cerebrale della specie umana, ha la funzione di gestire le emozioni allo stadio grezzo generatesi nelle aree più primitive del cervello, e pur tuttavia, nelle ansie sociali, finisce anche per avere la funzione paradossale di rendere più complessa e amplificata l’esperienza emotiva.

Infatti, nel momento in cui il pensiero si sofferma sulle esperienze negative vissute, resta prigioniero dell’emotività, generando, a sua volta, nuove emozioni di sofferenza.

In effetti, la ruminazione delle persone timide è un comportamento mentale che genera sofferenza, coloro che vivono questa esperienza metacognitiva vivono nel dolore del ricordo.


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