23 luglio 2018




Giungendo alla mente-cervello


Generalmente, minore è il livello di coscienza di una specifica paura della catena emotiva, maggiore è il suo avvicinarsi alle ragioni cognitive primarie che l’hanno generata. Ciò implica che la paura più profonda e meno cosciente, tende a essere quella più direttamente collegata alle credenze di base disfunzionali.

Tutto questo non significa che le paure di cui si è maggiormente coscienti non siano collegabili a credenze disfunzionali; piuttosto, è più probabile che facciano riferimento a credenze derivate, o a schemi cognitivi.

Nella prima parte ho accennato a paure annidate o concatenate. 



In questi casi alla paura più immediatamente accessibile alla coscienza corrisponde l’idea della minaccia più immediata proposta soprattutto dai pensieri automatici negativi (soprattutto a carattere previsionale) e, man mano che si va alle paure sottostanti, il pericolo si sposta dall’idea di un danno ricevuto in prima istanza a un danno che scaturisce dalle conseguenze del primo, e così a seguire.

Paura di fallire, di fare brutta figura, di essere respinti, di subire un rifiuto, di arrecare fastidio o essere inopportuni, di apparire stupidi o deficienti: Sono tutti tipi di timori che vengono in prima istanza, cioè, sono i primi a presentarsi alla mente sia sotto forma verbale, sia nelle forme di immagini, sia come un “sentire”. 

Per semplicità di discorso le chiamerò “paure di superficie”

Il problema è che queste specifiche forme di paura non sono innescate primariamente a livello sottocorticale, sono un prodotto delle attività cognitive che attivano le aree limbiche della paura.

Sembrerebbe che a queste sottende quella che è considerata la paura principe della timidezza: il timore del giudizio negativo degli altri.

Le paure di superficie fanno generalmente riferimento ai pensieri automatici negativi e questi, come già saprai, sono pensieri derivati dalle cognizioni di base e da quelle intermedie.

Anche il timore di essere giudicati negativamente sembrano avere gli stessi riferimenti cognitivi. 

Tuttavia la differenza tra questo timore e le paure di superficie sta nel fatto che la paura del giudizio si pone come conseguenza delle prime ma, allo stesso tempo, le anticipa.

Ad esempio, posso essere giudicato negativamente perché sono stato inopportuno, o perché ho fatto una brutta figura, o perché ho fallito, oppure perché sono stato respinto, o perché sono apparso persona stupida o deficiente.

Si verifica, quindi, un rapporto di conseguenzialità tra le paure di superficie è quella del giudizio.

Tuttavia, anche al timore del giudizio negativo possono sottostare altri tipi di paure. E qui giungiamo a un livello di coscienza molto basso.

Gli scopi di vita sociale essenziali, quelli capaci di farci sentire individuo realizzato, emergono a questi livelli.

L’essere giudicati negativamente ha delle implicazioni, conseguenze che già appaiono implicite in questa forma di paura: l’emarginazione, l’isolamento sociale, la discriminazione, l’assenza di partner, la solitudine. In poche parole la non appartenenza sociale.

Abbiamo seguito questo filone a cascata della paura, cercando di fare un percorso a ritroso. Siamo partiti dai timori di superficie che si presentano in tempi più immediati, per effetto dei pensieri automatici negativi, per scoprire che ciascun grado temporale di comparsa delle paure afferiscono ad altre forme di paura meno immediate e che ci indicano una linea sequenziale delle implicazioni. 

Abbiamo visto che la timidezza è caratterizzata da un sistema di paure concatenate secondo un ordine consequenziale, fino ad arrivare al timore di base che è rappresentato dall’annichilimento della propria persona come soggetto sociale.




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