PARTE 2 di 3
Sistemi motivazionali
Un sistema motivazionale è il risultato di relazioni, e
relazioni tra relazioni, tra cellule, gruppi e aree cerebrali, cosa che accade
attraverso “scariche” di impulsi elettrici e produzione di sostanze chimiche
endogene.
I sistemi motivazionali sono strumenti operativi del cervello,
hanno la funzione di generare, nell’organismo, gli impulsi ad agire per il
raggiungimento degli scopi.
Nel processo evolutivo del cervello, come ho già accennato, ai
sistemi motivazionali primogeniti, se ne sono aggiunti altri, sia come sviluppo
di quelli preesistenti, sia come formazione di nuovi, ma con un aumentato
livello di complessità.
I sistemi motivazionali più antichi, comparsi col cervello
rettiliano sono la regolazione fisiologica, la difesa (attacco o fuga),
l’esplorazione ambientale, la territorialità, la sessualità (ma senza la
formazione di coppie).
Si tenga presente che il sistema esplorativo è forse quello
che più di altri si attiva ed entra in gioco anche nell’attivazione di altri
sistemi motivazionali sia del cervello rettiliano, sia di quello limbico e
della neocorteccia.
Per fare qualche esempio, il sistema della sessualità necessita anche dell’attivazione di quello esplorativo in quanto l’animale, così come anche l’homo sapiens, per accoppiarsi deve cercare l’individuo con cui accoppiarsi; la regolazione fisiologica abbisogna del sistema esplorativo per garantire l’apporto di sostanze nutrienti al proprio organismo.
Per fare qualche esempio, il sistema della sessualità necessita anche dell’attivazione di quello esplorativo in quanto l’animale, così come anche l’homo sapiens, per accoppiarsi deve cercare l’individuo con cui accoppiarsi; la regolazione fisiologica abbisogna del sistema esplorativo per garantire l’apporto di sostanze nutrienti al proprio organismo.
I sistemi motivazionali che vengono ad aggiungersi con la
formazione del cervello limbico sono l’attaccamento (ricerca di cura e
vicinanza protettiva), l’accudimento (offerta di cura e protezione), la
sessualità di coppia, la competizione (definizione di rango di dominanza o
sottomissione), la cooperazione (gioco sociale, affiliazione al gruppo e,
nell’uomo, l’attenzione congiunta e condivisa).
Tutti questi sistemi motivazionali attivano le emozioni allo
stadio primordiale, cioè quelle generate dall’area limbica del cervello.
Con la neocorteccia si aggiungono i sistemi motivazionali
dell’intersoggettività e la comparsa di sotto sistemi che vanno a integrare
quelli tipici dell’area limbica.
Sistemi motivazionali ed emozioni sono strettamente connessi. Basti pensare che ad ogni sistema motivazionale corrispondono inevitabilmente delle emozioni.
Le emozioni
Se ho fame avverto una emozione che noi descriviamo come
languorino allo stomaco che mi avverte che il mio corpo ha bisogno di assumere
alimenti, se l’antilope vede avvicinarsi un leone avverte la paura che lo
spinge ad attuare un comportamento di difesa o di fuga, se fallisce il mio
tentativo di raggiungere un obiettivo che considero importante mi viene la
rabbia perché qualcosa a cui tenevo è venuto meno, se l’uomo delle caverne
avvertiva il bisogno di mangiare, andava in esplorazione alla ricerca di cose da
mangiare.
Tutti gli impulsi che ci spingono a compiere azioni precise per il
raggiungimento di uno scopo sono emozioni.
Il neurobiologo Damasio così descrive le emozioni: “sono
programmi di azione complessi e in larga misura automatici, messi a punto dall’evoluzione….è
in buona parte un mondo di azioni che vengono eseguite dal corpo”.
Il neurobiologo Panksepp definisce le
emozioni come processi eseguiti dal tronco encefalico, elementi mentali
“grezzi” considerabili come la forma primigenia della coscienza.
Il soddisfacimento dell’omeostasi, o il suo impedimento, è
all’origine delle due emozioni fondamentali di base, il piacere e il dolore (o
sofferenza).
È da queste che si sviluppano, nel corso evolutivo delle specie
animali, le successive forme di emozione: la funzione strutturale di ogni scopo
è il raggiungimento del piacere che l’organismo animale prova grazie
all’azione del cervello che rilascia tutte quelle sostanze chimiche o impulsi
elettrici che fanno provare il senso della soddisfazione.
Come accennato in precedenza, aree della neocorteccia “prendono
in carico” i segnali emotivi provenienti dalle aree limbiche, li elaborano e
reinviano, a loro volta, i propri segnali a quella aree.
Se nei cervelli evolutivamente antichi le emozioni, che sono
impulsi ad agire, avevano come forma espressiva il linguaggio del corpo (che
continua a sussistere e che oggi chiamiamo linguaggio non verbale), con la
capacità di formulare pensiero, di interagire cognitivamente con la storia
delle esperienze e di condividerle, il cervello umano, è capace di esprimere le
emozioni con il linguaggio dei segni e della verbalità.
Le attività neocorticali che intervengono nei processi
emotivi, sono in grado di inibire le emozioni, hanno la forza di aumentare
(anche in modo eccessivo) l’intensità delle emozioni e di farle divenire
pervasive.
Tuttavia, emozioni originate dalle aree sottocorticali
particolarmente intense possono assumere il sopravvento sulle capacità
gestionali delle aree neocorticali. Parimenti, le attività di pensiero e
valutazione (processi neocorticali) possono generare una aumentata intensità
dell’emozione a un livello tale che gli stimoli emotivi trasmessi all’area
sotto corticale vengono gestiti in automatico dalla area limbica in modo che
sfuggono al controllo.
Le emozioni “grezze” in sé, cioè quelle generate nell’area
limbica del cervello, non sono processi mentali coscienti. Come ho già scritto
in precedenza sono manifestazioni automatiche.
Quando, però, le emozioni grezze
sono “comunicate” all’area corticale del cervello, vengono elaborate, affiorano
alla mente. È a quel punto che l’emozione diventa un fenomeno cosciente ed
emerge il sentimento. Dunque abbiamo due livelli in cui si manifestano le
emozioni, quello cosciente e quello inconscio.
A questo punto sfatiamo un altro mito. Conscio e inconscio
non sono entità ma processi.
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