parte 3 di 3
Il sé
Il sé non è una entità ma un processo, relazioni e relazioni di relazioni tra aree e nuclei del cervello.
La prima forma mentale è un sé primordiale corporeo, che Damiano, Panksepp, Northhoff e altri neuroscenziati, chiamano proto sé, cioè un processo che “mappa” l’organismo, la memorizza e la aggiorna continuamente. In pratica il proto sé rappresenta il corpo.
La prima forma mentale è un sé primordiale corporeo, che Damiano, Panksepp, Northhoff e altri neuroscenziati, chiamano proto sé, cioè un processo che “mappa” l’organismo, la memorizza e la aggiorna continuamente. In pratica il proto sé rappresenta il corpo.
Non si tratta di un sé cosciente, non è provvisto
di soggettività e non interagisce con le emozioni, è un sé fatto di processi automatici. La mappatura
dell’organismo del sé primordiale è paragonabile a un programma per computer che svolge
azioni precise al combinarsi di determinati fattori.
Questa forma di mente è presente già allo stadio evolutivo rettiliano.
Essa è, infatti, l’espressione di quella necessità di un organo gestionale che
gli organismi pluricellulari cominciano ad avere nel momento in cui diventano
strutture complesse.
Con l'emergere dei sistemi motivazionali ed emotivi,
il sé primitivo comincia ad acquisire il "senso di conoscere": la cucciolata riconosce mamma lupa; il richiamo del piccolo pinguino è riconosciuta da mamma o papà tra una infinita distesa di pinguinotti; nel branco i componenti si riconoscono tra loro e sanno chi è l'intruso; nelle grandi migrazioni di immense mandrie nel Serengheti, gli esemplari anziani riconoscono la strada e guidano i giovani; all'avvicinarsi della stagione della riproduzione, uccelli si reincontrano e riconfermano il loro essere coppia stabile.
Panksepp e Damasio lo chiamano sé nucleare. Anche in questo caso non si tratta di un sé pensante, e tuttavia, è un sé che pone in relazione il proto sé con "l'oggetto da conoscere", ma anche un sé che percepisce il proprio corpo come individuale, come “proprietario”, come protagonista. Quì la conoscenza è implicita, cioè insita nella natura stessa dell'organismo animale, quindi non è una conoscenza logica.
Panksepp e Damasio lo chiamano sé nucleare. Anche in questo caso non si tratta di un sé pensante, e tuttavia, è un sé che pone in relazione il proto sé con "l'oggetto da conoscere", ma anche un sé che percepisce il proprio corpo come individuale, come “proprietario”, come protagonista. Quì la conoscenza è implicita, cioè insita nella natura stessa dell'organismo animale, quindi non è una conoscenza logica.
Gli stati evolutivi della coscienza sembrano seguire lo stesso cammino del sé. Secondo Damasio la coscienza è uno stato della mente al quale è stato aggiunto un processo del sé [1].
L' organismo vivente è a conoscenza della propria esistenza e dell'ambiente circostante, ma è priva del senso temporale.
Quando la mente acquisisce la capacità di “narrare” la memoria delle proprie esperienze, ci troviamo di fronte al sé autobiografico.
La coscienza acquisisce il senso del tempo, della storia delle proprie esperienze.
All’io protagonista si aggiunge l'io testimone; è capace di valutare il passato e fare previsioni sul futuro. Avverte il corpo e la sua stessa mente ed è capace di elaborare le emozioni.
È l'acquisizione della capacità di percepire il tempo che permette l'evolversi del sé autobiografico e alla creazione del linguaggio.
L' organismo vivente è a conoscenza della propria esistenza e dell'ambiente circostante, ma è priva del senso temporale.
Quando la mente acquisisce la capacità di “narrare” la memoria delle proprie esperienze, ci troviamo di fronte al sé autobiografico.
La coscienza acquisisce il senso del tempo, della storia delle proprie esperienze.
All’io protagonista si aggiunge l'io testimone; è capace di valutare il passato e fare previsioni sul futuro. Avverte il corpo e la sua stessa mente ed è capace di elaborare le emozioni.
È l'acquisizione della capacità di percepire il tempo che permette l'evolversi del sé autobiografico e alla creazione del linguaggio.
In chiave evoluzionista, l’emergere di una mente cosciente e semantica, ha prodotto notevoli vantaggi che possiamo tranquillamente riconoscere nella straordinaria accresciuta capacità dell’uomo non solo di adattarsi all’ambiente, ma anche di modificare l’ambiente per migliorare la propria condizione di vita.
Il cervello dell’homo sapiens è quello che meglio di tutti ha sviluppato quelle potenzialità e capacità tale da rendere l’obiettivo dell’omeostasi il più agevole in assoluto.
Tuttavia lo svilupparsi della complessità nelle società umane con le loro contraddizioni, hanno fatto emergere punti di fragilità.
La capacità della mente cosciente di innescare processi
emotivi per mezzo della valutazione di ciò che si percepisce, ha il suo
rovescio della medaglia.
Avendo la mente la possibilità di valutare il livello di rischio e di fare previsioni sulle possibili conseguenze, si ripercuote negativamente sull’uomo quando questi confonde il pensiero previsionale con la realtà oggettiva, quando confonde l’interpretazione dell’intenzionalità altrui con la certezza della realtà, quando interpreta il proprio stato interiore nell’esasperazione emotiva che egli stesso ha attivato.
La mente costruisce modelli interpretativi o di rappresentazione sulla base delle esperienze e dell’emozioni che queste producono.
La memoria è riscritta continuamente senza sosta, non a caso la memoria di un evento non è mai uguale al suo ricordo precedente.
Quando la mente memorizza esperienze emotive di segno negativo reiteratamente nel tempo, la rappresentazione del mondo che la mente costruisce si soggettivizza al punto da sostituirsi del tutto all’esperienza oggettiva. L’interpretazione della realtà ne esce deformata in modo significativo.
Avendo la mente la possibilità di valutare il livello di rischio e di fare previsioni sulle possibili conseguenze, si ripercuote negativamente sull’uomo quando questi confonde il pensiero previsionale con la realtà oggettiva, quando confonde l’interpretazione dell’intenzionalità altrui con la certezza della realtà, quando interpreta il proprio stato interiore nell’esasperazione emotiva che egli stesso ha attivato.
La mente costruisce modelli interpretativi o di rappresentazione sulla base delle esperienze e dell’emozioni che queste producono.
La memoria è riscritta continuamente senza sosta, non a caso la memoria di un evento non è mai uguale al suo ricordo precedente.
Quando la mente memorizza esperienze emotive di segno negativo reiteratamente nel tempo, la rappresentazione del mondo che la mente costruisce si soggettivizza al punto da sostituirsi del tutto all’esperienza oggettiva. L’interpretazione della realtà ne esce deformata in modo significativo.
La modificazione della memoria o il rafforzamento del segno positivo o negativo di essa, a lungo andare, influiscono sul funzionamento dei sistemi motivazionali che, stando alla base dell’impulso ad agire, sono condizionati dai processi elaborativi dell’esperienza che, nel caso delle ansie sociali, difettano nell’interpretazione, nella descrizione e nel tipo di impulso ad agire.
Nelle ansie sociali i sistemi motivazionali maggiormente implicati sono quelli che riguardano l’intersoggettività i quali presentano come sotto sistemi, aspetti evolutivi dei sistemi dell’attaccamento, del rango, della sessualità, della cooperazione, del gioco e dell’affiliazione. Di questi aspetti tratterò in successivi articoli.
1 Antonio Damasio, "il sé viene alla mente" Adelphi 2012
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