Prima di continuare nella descrizione delle cognizioni
strutturali derivate e successive alle credenze di base, è opportuno aprire una
finestra sui processi di aggiornamento del sistema delle credenze.
Tutte le cognizioni, di ogni ordine e tipo, sono uno
strumento basilare ai fini dell’adattamento all’ambiente fisico interno, esterno
e sociale. Per questa ragione il nostro apparato cerebrale le aggiorna
continuamente per tutta la vita. Si tratta di un processo di mappatura e
rimappatura del corpo (nell’uomo, anche della mente) ed è una delle funzioni di
base del nostro cervello e degli altri animali.
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Alexander Daniloff - pigmalione |
Le credenze sul sé, sul sé con gli altri e sugli altri, non
sfuggono a tutto ciò. La loro formazione è un processo neurale, così come la
mappatura e rimappatura.
Tale processo avviene per mezzo degli input che l’uomo
riceve sia dal mondo esterno, sia da quello interno. Dal mondo esterno gli
input sono quelli provenienti dalle esperienze sociali di interazione con gli
altri e da quelle circostanziali, situazionali e operazionali; dal mondo
interno provengono dalle esperienze emotive, dalle sensazioni corporee e dalla
mente stessa.
Se una esperienza è interpretata in modo difforme dalla
preesistente mappatura delle cognizioni memorizzate, viene riscritta sulla base
delle nuove informazioni.
Questo significa che le credenze preesistenti non coerenti
con le nuove informazioni subiscono una invalidazione e, quando ciò avviene, il
sistema cognitivo si trova in una condizione di vuoto informativo.
Nella
normalità, questo vuoto dura tempi tali da permettere al sistema di recuperare
velocemente il gap.
Si badi bene che questi processi neurali riguardanti le
cognizioni strutturali (nel caso che a noi interessa, le credenze) non sono
logici, nel senso che non sono necessariamente razionali. Possiamo dire che il
sistema cognitivo difende sé stesso, non ci tiene ad aver ragione, preferisce
non avere un vuoto informativo che lo porrebbe in una condizione di squilibrio.
Tuttavia i rapidissimi tempi di riscrittura delle credenze,
fanno sì che il sistema cognitivo sia sempre in “pratica piena operatività”.
Ciò nonostante il processo di autodifesa del sistema
cognitivo ha il suo rovescio della medaglia che si evidenzia quando una o più
credenze resistono all’invalidazione e restano immutate.
Nelle persone con ansia sociale (quindi anche la timidezza)
quest’ultimo fenomeno è piuttosto marcato e, in certi casi, è sistematico.
Perché si verifica il rigetto dell’invalidazione? Accade
quando una credenza ha subito numerose e sistematiche conferme della propria
validità.
Ciò significa che l’individuo ha vissuto reiterativamente situazioni, eventi,
interazioni simili ad altre già vissute, equivalenti; in termini di
memorizzazione emotiva tali che le loro interpretazioni conferiscono
significati e valori identici a quelli precedentemente dati.
Una credenza che viene reiterativamente confermata riceve un
“rinforzo”, si radicalizza, si irrigidisce, perde elasticità, e diventa
refrattaria al cambiamento, a meno che non si verifichino nuove reiterate
esperienze di segno emotivo e razionale opposto alle precedenti che
continuamente procedono alla loro invalidazione.
Facciamo qualche esempio. Adele ha una credenza di base che
la definisce come non amabile. Se nelle sue esperienze relazionali subisce
continui e ripetuti rifiuti e respingimenti, la sua mente conferma la credenza
che la descrive come non amabile.
Se nella sua storia delle interazioni sociali, non si sono
verificate continue reiterazioni di tali esperienze vissute, sotto il profilo
emotivo, nella negatività, cioè se la sua credenza di non essere amabile non ha
subito continue conferme e rinforzi, il sistema cognitivo di Adele è in grado
di modificarle a seguito di nuove esperienze di segno positivo che invalidano
quelle di base preesistenti.
La continua invalidazione di una credenza può comportare la
sua riscrittura anche quando queste si sono irrigidite a seguito dei rinforzi
ricevuti in precedenza: è su questo che la psicoterapia cognitivo
comportamentale agisce. L’obiettivo è la ricostruzione delle credenze
disfunzionali e, di conseguenza, anche dei comportamenti.
A incidere molto sui processi di rinforzo, invalidazione e
riscrittura delle credenze, è la memoria delle esperienze emotive.
Questo significa che le emozioni, che sono processi neurali
automatici che si attivano nelle regioni limbiche del cervello, hanno potere
inibente. Ciò accade soprattutto quando le emozioni sono particolarmente
intense tali da indurre i processi logici a elaborazioni “difettate”, cioè
poco, o per nulla, orientate all’oggettività delle esperienze.
In questi casi, le esperienze dolorose sono ricordate con un
carico emotivo forte tanto che i processi coscienti di valutazione conferiscono
loro un valore di molto superiore a quello effettivo dell’esperienza vissuta. È
in questi casi che possiamo parlare di pensiero emotivo e di pensiero
oggettivo. Ciò implica la necessità di distinguere tra queste due diverse
modalità del pensare. Questo sarà argomento di un successivo articolo.
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