28 ottobre 2019



In precedenti articoli abbiamo visto come parte dei pensieri automatici siano a carattere previsionale. Ma non tutti i pensieri previsionali fanno parte di tale categoria, e se sono automatici è perché inseriti, nell’elaborazione mentale, in stili abituali del pensare.


Il rimuginìo, che è una attività metacognitiva, essendo riferito al futuro, è in buona parte previsionale.

Caspar David Friedrich - viandante sul mare di nebbia

Ma come si snoda il pensiero previsionale di un ansioso sociale e, quindi, di una persona timida? Su quali assunzioni poggia la loro elaborazione valutativa?


Ogni pensiero previsionale non può fare a meno di attingere alla memoria delle esperienze vissute e del sistema delle credenze.

Nelle ansie sociali, il ricorso alla memoria delle esperienze fa riferimento solo a quelle che rimandano a insuccessi, a sofferenze, credenze.

Le credenze prese in carico sono solo quelle disfunzionali che fanno riferimento alle idee di incapacità, inabilità sociale, non attraibilità, non meritevolezza di attenzione e amore, difettosità innata.


Mentre nella normalità la previsione distingue nettamente, tra loro, i concetti di probabilità, possibilità e certezza, nelle ansie sociali (soprattutto in quelle patologiche, come a esempio, la fobia sociale), tale distinzione, in condizione di stati emotivi attivi, perde ogni senso logico razionale. 


La paura, l’ansia, la preoccupazione, la storia personale delle esperienze di sofferenza e insuccesso e il sistema delle credenze che definiscono il sé in negativo, spingono il pensiero a valutare il rischio e il pericolo come immanente a punto tale che le attività di previsione finiscono col considerare la possibilità che l’evento previsto in negativo, avvenga con certezza e la probabilità, che ciò si avveri, assai prossima al 100%. In realtà la mente esclude, come probabili, tutte le altre ipotesi.


In termini pratici, i concetti di probabilità e di possibilità, nei processi di valutazione dei soggetti ansiosi, sono annichiliti dalla paura della sofferenza supposta e dall’ansia.


Le emozioni, in questi casi della paura, come descritto in un precedente articolo, si attivano nell’area limbica del cervello e quando sono particolarmente intense, prevalgono sui processi logico-razionali che si svolgono, invece, nelle aree corticali, nonostante il continuo interscambio di informazioni tra queste due aree cerebrali.


Il pensiero non è più razionale ma emotivo.


L’emozione della paura, normalmente, ha la funzione di avvertire la mente di un probabile rischio o pericolo, in modo che l’organismo vivente attivi le proprie funzioni di attenzione e predisponga l’organismo corpo mente a predisporsi a fronteggiare con efficacia l’eventualità che il pericolo si manifesti concretamente.


Nella timidezza (come nelle altre forme di ansia sociale) il rischio non è una probabilità ma una immanenza, e la possibilità è valutata come una certezza. In questi casi, il pensiero previsionale sopravvaluta l’entità del pericolo anche quando questo è davvero irrilevante o inesistente.


È sufficiente il solo pensare al pericolo da rendere questo qualcosa di concreto e certo.


L’ansioso sociale e, quindi, la persona timida ha una tale paura dell’insuccesso e della sofferenza supposta, che ogni idea di valutazione alternativa non è neanche presa in considerazione o sottovalutata e considerata come non possibile, dunque, scartata a priori.


Nella timidezza, come nelle altre ansie sociali, l’idea della sofferenza è considerata come non sopportabile, non gestibile, come un evento catastrofico che reca danni corporei o psicologici estremamente gravi.


In conclusione, il pensiero previsionale nella timidezza è sempre indirizzato a valutazioni negative e pessimistiche.




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