In precedenti articoli abbiamo visto come parte dei pensieri automatici siano a carattere previsionale. Ma non tutti i pensieri previsionali fanno parte di tale categoria, e se sono automatici è perché inseriti, nell’elaborazione mentale, in stili abituali del pensare.
Il rimuginìo, che è una attività metacognitiva, essendo riferito al futuro, è in buona parte previsionale.
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Caspar David Friedrich - viandante sul mare di nebbia |
Ma come si snoda il pensiero previsionale di un ansioso sociale e, quindi, di una persona timida? Su quali assunzioni poggia la loro elaborazione valutativa?
Ogni pensiero previsionale non può fare a meno di attingere alla memoria delle esperienze vissute e del sistema delle credenze.
Nelle ansie sociali, il ricorso alla memoria delle esperienze fa riferimento solo a quelle che rimandano a insuccessi, a sofferenze, credenze.
Le credenze prese in carico sono solo quelle disfunzionali che fanno riferimento alle idee di incapacità, inabilità sociale, non attraibilità, non meritevolezza di attenzione e amore, difettosità innata.
Mentre nella normalità la previsione distingue nettamente, tra loro, i concetti di probabilità, possibilità e certezza, nelle ansie sociali (soprattutto in quelle patologiche, come a esempio, la fobia sociale), tale distinzione, in condizione di stati emotivi attivi, perde ogni senso logico razionale.
La paura, l’ansia, la preoccupazione, la storia personale delle esperienze di sofferenza e insuccesso e il sistema delle credenze che definiscono il sé in negativo, spingono il pensiero a valutare il rischio e il pericolo come immanente a punto tale che le attività di previsione finiscono col considerare la possibilità che l’evento previsto in negativo, avvenga con certezza e la probabilità, che ciò si avveri, assai prossima al 100%. In realtà la mente esclude, come probabili, tutte le altre ipotesi.
In termini pratici, i concetti di probabilità e di possibilità, nei processi di valutazione dei soggetti ansiosi, sono annichiliti dalla paura della sofferenza supposta e dall’ansia.
Le emozioni, in questi casi della paura, come descritto in un precedente articolo, si attivano nell’area limbica del cervello e quando sono particolarmente intense, prevalgono sui processi logico-razionali che si svolgono, invece, nelle aree corticali, nonostante il continuo interscambio di informazioni tra queste due aree cerebrali.
Il pensiero non è più razionale ma emotivo.
L’emozione della paura, normalmente, ha la funzione di avvertire la mente di un probabile rischio o pericolo, in modo che l’organismo vivente attivi le proprie funzioni di attenzione e predisponga l’organismo corpo mente a predisporsi a fronteggiare con efficacia l’eventualità che il pericolo si manifesti concretamente.
Nella timidezza (come nelle altre forme di ansia sociale) il rischio non è una probabilità ma una immanenza, e la possibilità è valutata come una certezza. In questi casi, il pensiero previsionale sopravvaluta l’entità del pericolo anche quando questo è davvero irrilevante o inesistente.
È sufficiente il solo pensare al pericolo da rendere questo qualcosa di concreto e certo.
L’ansioso sociale e, quindi, la persona timida ha una tale paura dell’insuccesso e della sofferenza supposta, che ogni idea di valutazione alternativa non è neanche presa in considerazione o sottovalutata e considerata come non possibile, dunque, scartata a priori.
Nella timidezza, come nelle altre ansie sociali, l’idea della sofferenza è considerata come non sopportabile, non gestibile, come un evento catastrofico che reca danni corporei o psicologici estremamente gravi.
In conclusione, il pensiero previsionale nella timidezza è sempre indirizzato a valutazioni negative e pessimistiche.
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