Ruminazione e rimuginìo, forme di meta pensiero, sono due “stili” del pensare.
Nella normalità, vi si ricorre per approcciarsi al problem solving, cioè per analizzare le esperienze trascorse o quelle in procinto di realizzarsi, cercare risposte e soluzioni, apprendere dalle esperienze fatte.
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Elena Vichi - fardello |
La ruminazione è il pensare sul passato vissuto, quindi guarda all’indietro, sulla propria storia esperienziale, su particolari momenti della propria vita, soprattutto riferita all’interazione sociale.
È con la ruminazione che noi umani cerchiamo di apprendere dalle esperienze che abbiamo vissuto, analizziamo situazioni e contesti in cui siamo stati protagonisti passivi o attivi, sia in chiave positiva, che in quella negativa.
Con questa attività mentale, ripercorriamo i momenti che ci sembrano salienti, rappresentativi di noi stessi o degli altri, che abbiano determinato successi o insuccessi; il tutto nel tentativo di individuare errori da evitare o effetti positivi da ripetere.
Gran parte di questo processo mentale si riferisce ai comportamenti (ciò che si dice e quel che si fa) che si sono avuti, a quelli degli altri con cui abbiamo interagito in un particolare momento e alla luce degli gli effetti che hanno prodotto.
Il rimuginìo è rivolto, invece, al futuro prossimo o lontano.
L’intenzione strutturale del rimuginìo è individuare quali possano essere i comportamenti da avere, quali strategie adottare sulla base delle proprie personali qualità, capacità e abilità e sulle caratteristiche proprie degli individui o gruppi di individui con i quali si prevede di interagire.
È chiaro che, nel rimuginìo, il pensiero previsionale fa la parte del leone giacché quando si pensa al futuro si entra nel dominio dell’ipotesi, nel campo delle probabilità e delle possibilità.
Normalmente, queste attività hanno breve durata. Tuttavia, quando a rimuginare o ruminare, è una persona con una qualche forma di ansia sociale, timidezza compresa, le cose cambiano in modo significativo.
Nelle ansie sociali ruminazione e rimuginìo presentano alcune caratteristiche comuni:
- Sono durature, insistenti, persistenti e invasive della mente
- Sono attività abituali che vanno a costituire tratti del carattere della persona.
- Hanno, spesso, carattere automatico e per questo, di esse, non si ha piena coscienza o consapevolezza del fatto che si sta svolgendo tale attività mentale.
- Ruminazione e rimuginìo perdono contatto con l’approccio al problem solving.
Il pensiero si “incaglia”, come un disco rotto, su specifiche immagini mentali, scene fisse (che sono sempre le stesse), pensieri verbali caratterizzati da rancore, rimpianto, autocritica sterile (a esempio: “ma come ho potuto far questo?”; “perché proprio a me?”;” se non l’avessi fatto!” ecc.).
In pratica il pensiero si blocca in un tempo preciso e non riesce ad andare oltre, annichilendo il fine stesso di questi stili del pensiero.
Ci si accorge di ruminare o rimuginare quando il meta pensiero si incentra sul fatto di aver svolto tale attività. A quel punto questi meta pensieri diventano un problema, piuttosto che una risorsa.
Gli ansiosi sociali, quindi anche le persone timide, valutano l’abitudine al ricorso alla ruminazione come una attività positiva che li aiuta a cercare soluzioni, solo che, però, restano impantanati in quanto il loro pensare non riesce ad andare oltre, si immobilizzano su scene precise di quella specifica esperienza: il ricordo si ferma su una sola e specifica espressione facciale, su un preciso gesto, su una stessa reazione, ecc.
Stesso tipo di valutazione si riscontra anche riguardo il rimuginìo. In questo caso il pensiero si blocca sulle presunte qualità personali o altrui. Emergono gli effetti delle credenze di base o intermedie ovviamente disfunzionali. I pensieri previsionali sono caratterizzati da aspettative negative, soprattutto riferite all’idea dell’insuccesso, della brutta figura, del giudizio negativo altrui, del rifiuto.
Coloro che, invece, si rendono conto di ruminare o rimuginare troppo, tali attività meta cognitive, sono vissute come una sorta di prigionia da cui non riescono a liberarsi.
Per loro è, dunque, una dannazione. Purtroppo la coscienza di essere “schiavi” di questi meta pensieri li induce a perseverare su esse: il meta pensiero si incentra sul fatto di averlo e, più si pensa a ciò, più ci si impiastra in tale condizione.
In questi casi, le attività di rimuginìo e ruminazione si auto alimentano facendo rimanere il pensiero bloccato su di esse.
Il soggetto non riesce a uscire dalla situazione mentale e, questo, aumenta il senso di prostrazione, di sconforto, e, di conseguenza, egli si sente impotente e inadeguato, comincia a pensare di avere qualità negative operando, così, un rinforzo delle sue credenze disfunzionali e negative che lo riguardano.
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