La coscienza di ordine superiore, o coscienza cognitiva, (processo neurale della neocorteccia) è una prerogativa della nostra specie. Essa, nel corso dell’evoluzione, è stata resa possibile per via della dimensione interpersonale in cui è immerso l’homo sapiens.
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Elena Vichi - smarrimento |
Questa capacità di pensare sulle proprie sensazioni, emozioni, condizioni esistenziali, e sullo scorrere del tempo, se da un lato ha permesso alla nostra specie di progredire e individuare nuovi modi di adattamento all’ambiente fisico e sociale, dall’altro lo ha reso maggiormente vulnerabile, più che in altri animali, alle perturbazioni emotive.
L’ansia, come tutte le emozioni, è un sistema di avviso di rischio o pericolo, volto a predisporre la mente all’attenzione e l’organismo all’azione di fuga o di lotta.
Nell’uomo, con la comparsa della coscienza cognitiva (di ordine superiore), l’avviso di rischio o di pericolo è processato anche a livello logico razionale (area neocorticale).
Ciò permette di valutare il reale livello di rischio e l’entità del pericolo, tuttavia, nei soggetti maggiormente esposti allo sviluppo dell’ansia, le elaborazioni di valutazione cosciente subiscono, in modo determinante, l’influenza emotiva finendo col sopravvalutare sia l’entità del pericolo, sia la reale possibilità che il rischio si avveri; questo fino al punto di “vedere” pericoli inesistenti.
Come saprai, l’ansia è un processo che si svolge nell’area limbica del cervello che è inconscio, a base emotiva, automatico. Tuttavia, area limbica e neocorteccia interagiscono continuamente tra loro scambiandosi informazioni e influenzandosi vicendevolmente.
In altre parole, benché tra le funzioni della neocorteccia, per mezzo della coscienza cognitiva, vi è la gestione delle sottostanti funzioni limbiche (evolutivamente più antica della neocorteccia), quando le emozioni sono di forte intensità, queste prendono il sopravvento condizionando anche i processi logici e razionali. Ciò, soprattutto nei casi in cui il soggetto è particolarmente vulnerabile e sensibile ai flussi emotivi.
In questo intrigato scenario di processi interagenti s’innesta l’inibizione ansiogena. L’inibizione che è un processo neurale di difesa si caratterizza, in tutto il mondo animale come opzione alternativa alla fuga o alla lotta, si manifesta con l’immobilismo: l’animale resta immobilizzato o si finge morto.
Fenomeno analogo si verifica anche nell’uomo con una gamma più ampia di tipi di manifestazioni.
A livello mentale, l’inibizione ansiogena, rallenta o blocca le funzioni elaborative e mnemoniche, per cui una persona può cominciare a farfugliare, balbettare, esprimersi in modo confuso, fare scene mute, non ricordare esperienze o conoscenze di cui è in possesso, non riuscire a sviluppare ragionamenti, avere crisi d’attenzione e concentrazione, avere black out mentali. La persona che vive questa esperienza resta mentalmente bloccata sui processi valutativi che hanno innescato il fenomeno ansiogeno, la mente è pervasa da flussi di pensieri automatici negativi che vanno ad alimentare la ricorsività dell’ansia in una continuità temporale che s’interrompe solo con l’allontanamento dalla situazione ansiogena.
A livello fisico può manifestarsi con una riduzione delle capacità motorie riconoscibili attraverso l’impaccio nei movimenti, l’inciampo, il tremolìo, la sudorazione esagerata, gestualità e mimiche facciali nervose.
A posteriori la persona timida resta, generalmente, preda di emozioni e valutazioni negative su sé stessa: rammarico, rabbia rivolta a sé, tristezza, sconforto, avvilimento, rimorso, frustrazione, auto colpevolizzazione, idee di incapacità, di codardìa, di essere di scarso valore, insignificante. Tutti sentimenti e pensieri che vanno a confermare e rafforzare le credenze negative che si hanno su di sé.
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