28 gennaio 2020


La persona timida, come tutti gli ansiosi sociali, nei momenti ansiogeni, si ritrovano con la mente pervasa da un flusso di pensieri automatici negativi e da pensieri collegati alle loro credenze di base e/o derivate. Questi momenti ansiogeni si verificano:

Gian Piero Abate - Imprigionato

  • quando si appresta a vivere, o pensa di farlo, situazioni o evento che le procura ansia ed emozioni di sofferenza;
  • quando sta vivendo una situazione ansiogena;
  • quando pensa alla propria condizione emotiva ed esistenziale;
  • quando pensa alle qualità personali che considera negative;
  • quando è impegnata in attività metacognitive come la ruminazione e il rimuginìo;
  • quando è pervasa da emozioni di sofferenza ed ansia;
  • quando vive uno stato di inquietudine e malessere esistenziale di fondo.


In tutti questi momenti la sua mente concentra, in toto o in gran parte, in modo durevole e pervasivo, le risorse attentive sui processi di pensiero in atto. In questi casi la mente non ha sufficienti energie per prestare attenzione ad altro.


In pratica, la mente esclude a priori, o sottovalutandone l’importanza, tutte le ipotesi interpretative e le attività di valutazione, di segno positivo o neutro; nonché tutte le attività che si svolgono nel momento presente. In altre parole, opera una selezione delle attività mentali che non considera pertinente e coerente al suo stato emotivo e al proprio sistema di credenze attivate.

L’impiego di queste risorse di concentrazione mentale si chiama attenzione selettiva. 


In condizioni normali, l’attenzione selettiva concentra l’attenzione sul problema e sulle possibili qualità, risorse e strumenti disponibili, permettendo di entrare in modalità problem solving.


Benché lo scopo sia sempre quello di cercare soluzioni efficaci, negli ansiosi sociali alle prese con i propri problemi esistenziali e psicologici, ciò non accade.


Nei soggetti timidi, l’attenzione selettiva genera disfunzioni valutative e, di conseguenza, comportamentali.

Spesso essa si associa al comportamento mentale evitante condividendone le finalità. In questi casi, lo scopo è quello di evitare la sofferenza che si presume essere insita nell’esperienza che si vive. Accade attraverso l’estraniazione dal momento presente.

È un modus operandi riconoscibile anche per mezzo degli sguardi assenti, da mimiche facciali che trasmettono agli altri l’impressione di stati di distrazione, dell’essere soprappensiero, di essere pervasi da uno stato di inquietudine o tristezza di fondo.


Quando l’attenzione selettiva dell’individuo timido è rivolta ad attività di valutazione, giudizio e interpretazione, la mente è rivolta solo a pensieri coerenti con i contenuti delle credenze di base e derivate che costituiscono i personali schemi cognitivi attivati.

Ciò implica che la gamma delle diverse interpretazioni sulle possibilità configurative della realtà e delle valutazioni e conclusioni, si riduce notevolmente facendo confluire tale paniere in un alveo ristretto di pensieri pessimistici in continuità logica con le credenze disfunzionali.

In altri termini, non c’è spazio per interpretazioni, ipotesi e valutazioni alternative, le quali sono escluse perché ritenute non congruenti, incoerenti, non possibili, con un grado di validità probabilistica prossima allo zero, non considerevole per bassa consistenza.


Altro aspetto dell’attenzione selettiva implicata nella timidezza è il suo tratto abituale, automatico e che, quando il processo è in corso, non raggiunge il livello di consapevolezza dell’essere in tale modalità mentale.


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