L’ansia è un fenomeno fisiologico attivato dagli stati emotivi.
Per alcuni autori è essa stessa una emozione. Personalmente, propendo per la prima definizione infatti, il fatto che l’ansia si attivi a seguito di emozioni come, a esempio, la paura, il terrore, la rabbia, induce a pensare che sia una conseguenza degli stati emotivi.
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Edvard Munch - anxiety |
Dal punto di vista biologico, si tratta di un meccanismo del sistema nervoso simpatico che costituisce la risposta somatica alle situazioni di stress o emergenza.
La sua funzione è quella di predisporre l’organismo a reagire agli stimoli con la lotta, la fuga o l’immobilizzazione.
Tuttavia, perché l’ansia si manifesti sono necessari uno stimolo e un processo cognitivo che producano una emozione attivante.
Il fatto che il processo cognitivo costituisca la fase iniziale alla fenomenologia ansiogena, fa sì che essa possa essere innescata anche in assenza di un reale pericolo o minaccia.
In pratica, è sufficiente che la mente si convinca che esiste una insidia sia immanente, assai concreta, perché siano elicitate le emozioni della paura o del terrore e, di conseguenza, l’insorgere dell’ansia.
Nelle ansie sociali, ciò è piuttosto frequente. La tendenza a valutare negativamente in modo amplificato le esperienze e le situazioni, così come a svolgere valutazioni previsionali che stimano in rialzo le possibilità del danno e che il pericolo abbia una alta probabilità che possa avverarsi o che sia addirittura certo, fa sì che l’ansia insorga facilmente anche in totale assenza di fattori di rischio.
La cognizione è conoscenza, ma solo una sua minima parte assurge alla coscienza di ordine superiore che è logica. I processi cognitivi inconsci sono automatici e si svolgono su base emotiva e non razionale.
Questo doppio livello della cognizione è manifesto nella dinamica che conduce all’ansia. Vediamo come.
Quando ci si trova in una situazione o ci si prepara a viverla, inizia subito una prima fase di valutazione, la “prima impressione”. In questa fase i processi cognitivi sono inconsci, automatici e molto rapidi perché non sono oggetto di ragionamento logico: la prima impressione è sempre a base emotiva. È il momento in cui la mente deve stabilire se l’evento, il fatto o la situazione costituisce una minaccia.
Se nella memoria del soggetto vi sono una pluralità consistente di esperienze emotive simili vissute con sofferenza ( o un grave trauma), il processo di valutazione opta per la presenza di una minaccia reale.
La fase cognitiva successiva valuta la natura della minaccia, la sua potenzialità, il possesso di strumenti per far fronte con efficacia alla minaccia, cioè le capacità e le abilità personali, e gli strumenti esterni disponibili.
Segue una terza fase cognitiva che, in parte, è una sorta di sintesi di quelle precedenti, in parte, costituisce un insieme di strategie sequenziali. È a questo punto che si verifica l’innesco delle emozioni (paura, terrore, ecc.) che, a loro volta, producono i sintomi dell’ansia.
Giunti a questo stadio, la mente concentra l’attenzione sulla situazione considerata pericolosa e costruisce una strategia per annullare la minaccia.
Se il soggetto valuta di non avere strumenti, abilità o capacità adeguate a fronteggiare positivamente la situazione, si genera un circolo vizioso che esclude il problem solving. In questo caso, le opzioni sono solo la fuga, l’immobilizzazione, l’evitamento.
Quando si forma questo circolo vizioso, ci si trova nella situazione per cui l’ansia non solo è attivata dagli stati emotivi ma, a sua volta, attiva le emozioni.
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