19 maggio 2020

I parte

La natura della paura


La paura è una emozione che, come tutte quelle primarie è riscontrabile in tutte le specie animali.

Neurobiologicamente la paura non ha una sede precisa che la produce, ma un insieme di aree cerebrali interagenti che coinvolgono soprattutto l’area limbica e la corteccia, ma partecipano a questo processo anche aree del tronco encefalico. Il tutto comunque parte dalle aree deputate alla trasmissione dei dati provenienti dai centri sensitivi (tatto, vista, udito, olfatto).

Nicoletta Spinelli - Presagio coscienza rinuncia

Nella specie umana entra in gioco anche la neocorteccia che in questo processo ha il compito di gestione dell’emozione attraverso le attività di valutazione degli stimoli grazie alla coscienza di ordine superiore.


In prima istanza, la paura si configura come processo automatico ad opera delle aree cerebrali evolutivamente più antiche dell’organo cerebrale (area limbica e tronco encefalico, vedi evoluzione del cervello).


In questa fase, trattandosi di processi automatici (soprattutto omeostatici), la paura viene rappresentata nel cervello grazie alle mappature del corpo e dell’ambiente fisico che sono tutti processi innati negli organismi pluricellulari complessi. Non essendoci elaborazione “razionale”, questi processi sono velocissimi.


In seconda istanza, le informazioni giungono all’area neocorticale (propria dell’uomo) che valuta l’effettiva portata dello stimolo.


Da un punto di vista della funzione, la paura ha scopi regolatori. Avverte di un pericolo e stimola altre aree cerebrali a predispone l’organismo alla reazione e a regolare i fattori omeostatici.

Attraverso i sensi, l’organismo percepisce gli stimoli provenienti sia dall’esterno, sia dall’interno delle viscere. Il cervello fa ricorso sia alla memoria innata, sia alla memoria delle esperienze, qui le associazioni di stimolo ed effetti delle esperienze determinano il riconoscimento automatico di eventuali minacce o pericoli.


Nelle specie animali, prive di coscienza di ordine superiore, (faccio presente che i mammiferi, sono dotati di coscienza primaria detta anche nucleare) si attivano le emozioni. Se i processi cerebrali automatici trovano un riscontro, nella memoria implicita, di una associazione dello stimolo a un pericolo, entra in gioco la paura.


Nell’uomo, dotato di coscienza di ordine superiore, le informazioni giunte alle aree limbiche e tronco encefaliche, vengono trasmesse alla neocorteccia che valuta se il rischio è ad alta o bassa probabilità o se è nullo e trasmette alle aree cerebrali sottostanti le informazioni elaborate. 

Il processo di scambio di informazioni tra le varie aree del cervello è reciproco e continuo.

Non necessariamente la partecipazione delle aree neocorticali deputate alla valutazione “logica” comporta una valutazione realmente oggettiva dello stimolo.


Non solo. Può anche accadere che la sola idea di un pericolo al momento inesistente, procuri una valutazione di pericolo immanente, quasi certo o certo.


L’uomo dotato di coscienza di ordine superiore ha un sistema mentale che permette di avere pensieri astratti, immaginativi e previsionali che possono andare ben oltre la realtà oggettiva: la mente può costruire l’idea di una realtà “parallela” percepita come oggettiva.


La paura può scattare anche con la sola attività immaginativa in totale assenza di stimoli concreti.


Tuttavia la cosa non è così semplice. L’uomo ha un sistema cognitivo complesso che lo dota di una identità, di definizioni del sé, del sé con gli altri e degli altri (cognizioni, credenze di base o derivate da queste). Ha anche sistemi motivazionali assai più complessi di quelli presenti nelle altre specie animali.


Le cognizioni sul sé e i sistemi motivazionali sono parte integrante e fortemente condizionanti dei processi di valutazione di un possibile pericolo che possa danneggiare fisicamente o psichicamente la persona stessa.


Quindi, nei processi di valutazione di un pericolo, in un individuo timido, entrano in gioco le idee di sé in termini di capacità a far fronte con efficacia alle situazioni, di inabilità nelle relazioni interpersonali, l’essere non interessante o amabile come persona, essere inferiore agli altri, avere un difetto di “fabbricazione”.


Quando entrano in gioco le cognizioni negative, per lo più inconsce, le informazioni che giungono alle aree sottocorticali e provenienti da quelle corticali, sono informazioni e messaggi di pericolo certo o quasi. I processi automatici sottocorticali ricevono ulteriori segnali di pericolo “amplificati”: la paura non solo diventa inevitabile, ma la sua intensità è più alta. In questi casi, le funzioni gestionali delle aree neocorticali non hanno più controllo sulle emozioni, non hanno controllo sulla paura.




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