I bisogni inappagati, elicitati dai nostri sistemi motivazionali sociali, ci spingono a ricercare, nei comportamenti delle persone con cui ci relazioniamo, il loro soddisfacimento: L’accettazione sociale, l’affettività, la sessualità, la solidarietà, la comprensione, il conforto, la complicità delle persone per noi significative, il riconoscimento della nostra dignità come persona.
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Elena Vichi - la sete - della serie |
Già alla nascita, il sistema dell’attaccamento, induce il neonato a riporre delle aspettative nella figura del caregiver (la persona accudente che in massima parte è ricoperta dal genitore). È proprio in base a queste aspettative che l’infante comincia a formare le prime cognizioni del sé, del sé con gli altri e dell’altro.
Dunque, le aspettative, che riponiamo verso l’altro/a o verso noi stessi, sono espressione di nostri bisogni, aspirazioni, desideri personali. Allo stesso tempo sono anche speranze.
In quanto espressione dei nostri bisogni personali, le aspettative fanno riferimento alla nostra idea dell’altro e di noi stessi, si tratta dell’idea desiderata del sé e dell’altro. L’altro/a come noi vorremmo che fosse, noi stessi come vorremmo che fossimo.
L’idealizzazione della figura dell’altro/a o di noi stessi può tramutarsi in distorsioni cognitive quali il mito del vero amico/a, il ragionamento dicotomico, la lettura del pensiero, l’astrazione selettiva.
Nelle persone timide, tali aspettative assumono rilevanza particolare tale da diventare, quando insoddisfatte, strumento inconscio di convalida e rinforzo delle cognizioni disfunzionali proprie.
In questi casi, il far coincidere le aspettative con le nostre idealizzazioni, nei modi e nelle forme, finisce col disegnare un interlocutore espropriato della propria identità, personalità, cultura, indole, stile del modus vivendi.
Nel vivere le relazioni di coppia, il bisogno di certezze induce l’ansioso sociale ad attivare assunzioni e regole implicite per monitorare l’altro/a, attraverso il suo comportamento, sulla sincerità dei suoi sentimenti verso la nostra persona. Con queste regole implicite egli verifica che i comportamenti del partener non siano dissimili da quelli attesi che sono assunti con la logica del tutto o niente. Tale atteggiamento mentale è tale da non dare all’altro/a alternative comportamentali in termini di possibilità e opportunità.
Da ciò, quando il comportamento dell’altro/a non coincide con le proprie stringenti attese, deriva quel sentimento che induce l’ansioso sociale a percepirsi come vittima degli egoismi, delle discriminazioni e dell’indisponibilità altrui. Fattori, questi, che inducono a pensare a un mondo ostile.
È chiaro che le aspettative verso gli altri, facendo riferimento a idealizzazioni, non risultano corrispondenti al mondo reale e ciò comporta vivere l’esperienza della delusione che, spesso, porta a sentimenti di rancore e/o sfiducia verso gli altri.
In questo andazzo l’interpretazione dei comportamenti altrui gioca un ruolo primario.
L’ansioso sociale ha poca dimestichezza, sia coi linguaggi sociali non verbali, sia con quelli verbali. La causa di ciò è da ricercare in vari fattori: nel mancato apprendimento dei modelli di relazionamento sociale; nell’insufficiente esercizio delle abilità sociali quando sono possedute; nell’ottundimento delle capacità logiche dovute all’inibizione ansiogena; nel condizionamento operato da un sistema di schemi cognitivi disfunzionali, nella centralità assunta dai flussi di pensiero negativi che assorbono gran parte delle capacità attentive; nella tendenza a dar valore ai contenuti delle distorsioni cognitive che si sono formate nel corso della storia emotiva ed esperienziale della persona ansiosa.
Le aspettative vero l’altro/a adulto/a sono, generalmente, silenti, cioè non dichiarate. La persona timida dà per scontato che l’interlocutore/ce sia nelle condizioni di comprendere ciò che ci si aspetta dal lui/lei, quasi come se si avesse il potere di leggere nel pensiero.
In genere ci si affida a linguaggi non verbali che, talvolta, non sono corrispondenti a un linguaggio comune.
La mancata dichiarazione verbale delle aspettative costituisce un altro fattore di incomunicabilità e incomprensione delle emozioni e degli intenti del soggetto timido.
Ciò rende chiaro quanto sia importante la comunicazione verbale che è unica forma di linguaggio capace di esplicitare emozioni, sentimenti e idee.
Le aspettative non sono solo riposte verso gli altri ma anche verso sé stessi. Nel momento in cui osserva la discrepanza tra il sé che si manifesta nell’interazione interpersonale e il sé desiderato e ideale, la persona timida procede a una svalutazione di sé, a confermare e rafforzare le credenze disfunzionali che ha sulla propria persona. È un sentimento che conduce a un forte, cattivo e impietoso giudizio negativo sulla propria persona.
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