21 luglio 2020


Negli stadi evolutivi del cervello, le emozioni sono comparse prima, in particolare con la formazione degli strati superiori del tronco encefalico e, soprattutto con quella dell’area limbica. La razionalità è, invece, evolutivamente giovane ed è stata resa possibile con la formazione della neocorteccia.


Gonsalves - hinh anh
Le capacità razionali sono la conseguenza dell’accresciuta complessità dell’organismo umano che si è trovato a far fronte allo sviluppo di una socialità assai articolata e composita che necessitava di una funzione di gestione dell’emotività e della socialità.

Sappiamo che le emozioni sono processi che si attivano in modo parallelo in una pluralità di aree limbiche e di aree al confine tra tronco encefalico e cervello mammifero.


Tuttavia, le singole parti del cervello interessate, non operano in modo isolato. Nel processo evolutivo del cervello, le aree più antiche non sono soppiantate da quelle più giovani; quest’ultime fungono da integratrici di processi già presenti.

Le varie aree del cervello nel suo insieme, interagiscono tra loro scambiandosi stimoli e informazioni. 

Con la formazione della neocorteccia, gli stimoli che giungono alle aree limbiche sono trasmessi alle aree corticali e viceversa.

Ciò nonostante, la produzione degli stati emotivi sono appannaggio dell’area limbica.


Le emozioni, pertanto, restano processi non razionali, automatici dell’organismo e, quindi, non operano secondo schemi cognitivi: potremmo dire che si servono del “linguaggio macchina” del cervello.


Per contro, i processi razionali sono espressi in linguaggio verbale. La ragione è propria della neocorteccia, della coscienza di ordine superiore.


Ragione ed emozione, dunque, sono espressione di dimensioni parallele, coesistenti e interagenti tra loro.


Questa è la ragione per la quale, quando le emozioni raggiungono livelli di intensità elevate sfuggono alle capacità gestionali espresse dalle aree corticali.


Hai presente quando si dice che non si agisce sull’onda dell’emozione, tipo in caso di rabbia, ma a freddo? Solo quando l’intensità emotiva è calata è possibile gestirla e agire in modo più oculato con l’ausilio fondamentale della ragione.


Non essendo, il cervello, un sistema a compartimenti stagni ma interagente e anche in modo complesso, la ragione non è immune dall’influenza delle emozioni.


L’uomo prova emozioni in modo costante, anche quando non ci sembra di provarne, come capita a me, in questo preciso momento, mentre guardo distrattamente il mare tra una parola e l’altra.


Quelli del mondo delle emozioni e della ragione sono dimensioni parallele che nel nostro stato di veglia (o mentre sogniamo durante il sonno) sembrano essere persino sincrone nonostante, nella realtà, le emozioni sono più rapide della ragione: le prime perché processi automatici dell’organismo, la seconda perché abbisogna di processi elaborativi.


Le emozioni sono fondamentalmente indotte dai sistemi motivazionali, ma quando questi non li coinvolgono, in prima istanza, possono anche essere elicitate da stimoli esterni. 


La ragione, invece, presuppone la motivazione ad agire, non foss’altro che per la soluzione di problemi non prettamente di sussistenza psichica o fisica, come accade a esempio quando siamo impegnati nella soluzione di un rebus.


Fino a pochi decenni fa si riteneva che ragione ed emozione fossero antagonisti, in conflitto tra loro. Oggi sappiamo che non è così. Sono processi interagenti che operano in “collaborazione”, in reciproci scambi di informazioni e impulsi.





0 commenti:

Posta un commento

Grazie per il commento