12 luglio 2020

“Gli altri sanno sempre cosa dire”;” loro sono più svegli di me”, “non mi sento all’altezza”; “mi sento inferiore a loro”; “vedo persone abili con gli altri, mentre io non ci so fare” “gli altri hanno tante amicizie e io sono senza amici/che”.
Sono alcune delle frasi che si sentono proferire dalle persone timide.
Federica Gionfrida - Dubbi

Sentono che il mondo scorre felice intorno a loro: Persone che primeggiano, altre che hanno successo, altre ancora a cui riesce facile accoppiarsi, altre ancora che fanno facilmente amicizia.


Guardano questo mondo di persone che riescono e le confrontano con sé stessi, con ciò che non riescono a fare. Pensano al proprio sé ideale e a quello che, invece, sentono di essere nella realtà.


La persona timida comincia a chiedersi cosa c’è di sbagliato dentro di sé. A molte si esse vien da pensare che la spiegazione più logica è quella di essere inferiore agli atri.

Questo senso d’inferiorità non nasce dal nulla, e nemmeno dal confronto che tra il sé reale con gli altri e gli altri.


Nasce dal quel remoto e segreto sistema di credenze di base disfunzionali sul sé, che come saprai, sono definizioni, descrizioni inconsce di sé stessi.

Credenze che si son formate dalla nascita e fino alla prima adolescenza, quando la mente umana non ha ancora acquisito quelle capacità astratte di critica che ci permettono di valutare, con la ragione, la validità delle impressioni emotive suscitate in sé in seguito alle interazioni con le figure di riferimento (in primis l’ambiente familiare e poi, talvolta, quello dell’ambiente scolare).


Alcune di queste credenze di base affiorano alla mente cosciente come una sorta di sapere implicito, di conoscenza tacita, come qualcosa che si sa già da tanto tempo.


In altri casi, affiorano come sentori, sentirsi in un dato modo, oppure attraverso la paura di essere in tal modo.


Quando nella mente di un soggetto timido affiorano pensieri perentori e assai sintetici, ecco che le credenze di base, facendo leva sui suoi stati emotivi del momento, suggeriscono subdolamente alla mente razionale la loro verità.

Frasi repentine tipo: “Sono una persona incapace”; “sono un/a inetto/a”; “non capisco niente”; “sono difettoso/a per nascita”.


L’equazione inadeguatezza=inferiorità diventa quasi inevitabile. “Se sono incapace vuol dire che sono inferiore agli altri”; “se non capisco niente, significa che sono inferiore agli altri”; “se sono difettoso/a, è ovvio che sono inferiore agli altri”.


Un aspetto tipico di questi processi mentali è il carattere automatico di questi flussi di pensiero. Una automaticità che quasi sempre sfugge alla coscienza di averli pensati: sono pensieri automatici negativi.


Il risultato infelice delle interazioni sociali fa il resto del lavoro: Le scene mute, il non sapere cosa dire, il timore di apparire stupidi o imbecilli, le difficoltà negli approcci.


Questi insuccessi innescano stati emotivi di sofferenza e proprio le emozioni sono state le artefici della formazione delle prime cognizioni sul sé. Quelle che ti hanno resa/o una persona timida. Non se mi spiego… è come mettere legna da ardere nel fuoco che va spento.


Sull’onda degli stati emotivi quel che pensi o senti o temi di essere ti inducono a ritenere che sono amare verità. “sono incapace”; “sono inabile”; “non valgo niente”; “sono difettoso/a”, “sono inferiore agli altri”.


Il tuo sistema cognitivo conferma e rinforza le credenze disfunzionali che hai su di te, quelle che, con caparbia e insistenza ossessiva dovresti modificare, sovvertire, con la forza della ragione.


Il pensiero emotivo non è la verità.




0 commenti:

Posta un commento

Grazie per il commento