6 luglio 2020


Secondo la teoria transazionale le persone che ritengono gli altri non affidabili sono ascrivibili a due categorie che sono sintetizzate nelle proposizioni: “io sono ok, tu non sei ok” e “io non sono ok, tu non sei ok”.

Dozza - il guardiano
Secondo la visione cognitivista, sono persone che nei primi anni di vita, spesso fino all’adolescenza, hanno vissuto l’attivazione del sistema motivazionale dell’attaccamento in termini di sofferenza emotiva.

Genitori che nell’interagire col neonato o l’infante, alle richieste di attaccamento (cura, sostegno, conforto, protezione) apparivano distratti, assenti, distaccati, in modo costante o alternato. I genitori che hanno questi tipi di comportamento nei confronti dei figli, neonati o infanti, sono spesso persone con problemi psicologici irrisolti, o alle prese con dipendenze varie, depressi, sociopatici, alcolizzati, tossicodipendenti, ma in altri casi sono inadeguati, impreparati al ruolo genitoriale.


Le credenze di base riguardanti la definizione dell’altro, che si vanno formando in tali contesti sviluppano l’idea dell’altro come non affidabile, come soggetto su cui non si può contare.

Successivamente si sviluppano credenze intermedie, assunzioni e motti, tutti incentrati sul tema dell’inaffidabilità. Si tratta di idee spesso generalizzanti: “la gente è egoista”; “le persone sono superficiali”; “certa gente si dimostra poco seria”; “non ci si può fidare delle persone”. Il mondo degli umani è visto come zeppo di trappole, di pericoli immanenti.


Il contenuto principale di tali cognizioni che determinano le regole del comportamento è quello che si può e si deve contare solo su sé stessi.


Questa visione implica che non va richiesto mai l’aiuto di qualcuno, che non si può contare sull’affettività sincera degli altri, sulla loro solidarietà o vicinanza.


Ritenendo di non poter contare sugli altri, l’ansioso sociale, la persona timida, si affida alle sole proprie forze; tende al ritiro sociale; nei momenti di crisi interiore si isola, si allontana, evita l’incontro, convinta com’è che deve risolvere i propri problemi da sola.


Le relazioni interpersonali, quelle amicali e i rapporti di coppia ne risentono negativamente. Amici e partner sono messi spesso alla prova.


La persona che ha un apparato cognitivo condizionato dal tema dell’inaffidabilità altrui avverte il pressante bisogno di controllo, di monitorare l’altro/a per verificare la sua effettiva affidabilità, ma soprattutto, cerca conferma dell’esattezza delle proprie cognizioni, dei propri convincimenti.

Quando si vuol cercare per forza il pelo nell’uovo, lo si trova anche quando non c’è! Indipendentemente dalle reali intenzioni altrui, qualsiasi parola, frase, atteggiamento, movenza corporea, comportamento può essere interpretato in modo funzionale alle proprie cognizioni sugli altri. 


Quando ripone delle aspettative sull’altro/a, lo fa con la mente centrata su sé stessa, sui bisogni personali e pensa come se i propri schemi mentali siano prerogativa comune.

Ciò rende l’altro/a una persona non persona. Non si prende in considerazione il fatto che ogni individuo ha bisogni e problemi propri, con schemi mentali propri, un modo personale di pensare, un proprio modus vivendi. 


Ciò non significa che la persona timida non sia razionalmente cosciente che ciascun individuo abbia una propria personalità, ma solo che il sistema delle aspettative sugli altri, verte su una condizione mentale egocentrica condizionata dalle emozioni. In tale stato, non è lucidamente consapevole di ignorare le identità altrui.


Sic stantibus rebus, i rapporti di coppia, ma anche quelli amicali, riscontrano alti livelli di criticità e, per ciò, spesso si giunge allo scioglimento del rapporto. Il/la partner viene a trovarsi in una condizione in cui gli è difficile sostenere una relazione caratterizzata da problemi nella comunicazione e nel comportamento.

Ciò è reso ancora più complesso per via del fatto che le aspettative sull’altro/a sono generalmente silenti, cioè non dichiarate verbalmente. Va tenuta in considerazione anche che, in una relazione interpersonale, i comportamenti e la comunicazione verbale di un individuo sono influenzati dalla propria interpretazione del linguaggio verbale e del comportamento di chi interagisce.


In conclusione, l’ansioso sociale, il timido, che vive una condizione mentale caratterizzata da credenze e assunzioni sugli altri centrate sull’inaffidabilità, ha una pessima vita sociale.




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