Il tema del fallimento di sé come persona è uno di quei sentimenti che emerge sia nei pensieri, sia emotivamente, quando una esperienza si consuma con un insuccesso, talvolta anche solo apparente, e quando questa va ad aggiungersi a una storia personale di insuccessi relazionali.
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Edvard Munch - Ashes |
Nella mente della persona timida, l’insuccesso non è considerato un incidente, un fatto circostanziale. L’equazione insuccesso uguale fallimento di sé come persona è quasi sistematico; l’idea del fallimento riferita a sé, è generalizzante.
Le cause vengono sempre collegate a qualità negative che si ritiene di avere. In questi casi a prevalere è il pensiero emotivo, mai quello squisitamente razionale, anche se il soggetto timido considera le sue conclusioni del tutto razionali.
Non avendo consapevolezza cosciente dei fattori cognitivi ed emozionali, tutti inconsci, che sono sottostanti agli esiti negativi delle interazioni interpersonali, l’individuo timido, non relativizza l’esperienza, non avvalora ipotesi oggettive nella valutazione dell’insuccesso.
Ciò che prevale nell’auto valutazione è l’osservazione degli esiti come fattori dimostrativi di una inadeguatezza di base, persino innata, della propria persona nella sua interezza.
Le emozioni e i pensieri automatici, sono confuse con i fatti concreti e, questo, impedisce una netta distinzione tra essi impedendo l’analisi oggettiva degli eventi.
In tal modo sfugge la genesi e gli elementi occorrenti che vanno a determinare lo svolgimento e gli esiti dell’esperienza.
Faccio un esempio. Crizia ha commesso un errore di distrazione sul lavoro, il suo capo l’ha redarguita ricordandole che non è la prima volta che sbaglia. In seguito, Crizia rumina su quanto accaduto. Nel descrivere la situazione racconta: “lavoravo pensando che non ero capace, che avrei sbagliato, avevo paura… e che è successo? Come pensavo, ho commesso un errore”. La sua conclusione è stata: “sono una fallita”.
In realtà, l’errore è il fatto, la paura di sbagliare è l’emozione provata, la previsione di sbagliare è un pensiero.
Considerando come un tutt’uno l’errore, il pensiero che le è balenata nella mente e l’emozione provata, Crizia non ha colto la relazione tra questi elementi nella genesi del fatto.
Riesaminiamo. Crizia deve svolgere un compito affidatole. Comincia a pensare di non essere capace, che avrebbe sbagliato. Questi pensieri d’incapacità e di previsione dell’errore attivano l’emozione della paura. L’idea di essere incapace la induce a prevedere lo sbaglio. Insieme, questi due pensieri che hanno prodotto il senso dell’immanenza e dell’imminenza della previsione considerata certa, per cui si attiva l’emozione della paura.
Il cervello di Crizia consuma le sue energie mentali in questi processi emotivi e cognitivi centrati su di sé. Le sue capacità attentive da destinare al lavoro sono diventate residuali, insufficienti per lo svolgimento del compito e, quindi, commette un errore di distrazione.
Crizia è davvero incapace o è semplicemente stata preda dell’emotività e dei pensieri negativi? Tu cosa ne pensi?
L’idea di essere persona fallita ha, tuttavia, origine nel sistema di cognizioni di base che definiscono le qualità e le potenzialità possedute, credenze che si sono formate soprattutto nell’infanzia per l’effetto emotivo che l’interazione con le figure di riferimento primario hanno suscitato nell’infante.
Infatti, nell’infanzia e nella fanciullezza la mente memorizza le esperienze su base emotiva; i modelli interpretativi e descrittivi di sé, si formano su questo substrato.
Si tratta di processi puramente biologici e automatici del cervello che non ha ancora accesso alle funzioni razionali in quanto l’organo cerebrale, prima dell’adolescenza, è ancora in fase di sviluppo, quindi, non ha potuto implementare alcuna capacità di pensiero critico astratto.
Quando il sistema strutturale del pensiero (credenze di base e intermedie) crea una interpretazione e rappresentazione di sé in termini di incapacità a far fronte alle situazioni con efficacia, di inabilità nell’interazione interpersonale, di difettosità innata, l’approccio alle esperienze è condizionato da queste.
Ciò implica che si vivono le esperienze con un senso di inadeguatezza e questo comporta pensieri automatici negativi e l’emozione della paura.
I pensieri previsionali, partendo dall’assunto della inadeguatezza non possono far altro che prevedere in negativo.
L’attività previsionale di segno negativo condizionano i comportamenti, favoriscono l’insorgere dell’inibizione ansiogena e, di conseguenza, si riducono le possibilità di operare con efficienza e la concentrazione attentiva.
In conclusione, possiamo dire che l’idea dell’essere persona fallita nasce da un insieme di processi cognitivi inconsci e dall’emotività.
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