31 agosto 2020


Il bisogno e il desiderio di appartenenza sociale costituiscono una esigenza basilare nella vita degli esseri umani.

L’homo sapiens è l’animale più sociale nell’intero panorama delle specie viventi.

AggiunElena Merlino - mettermi a nudo 3

Il percorso evolutivo della nostra specie e la comparsa della coscienza di ordine superiore, sono dovute proprio allo sviluppo della socialità che ha raggiunto un elevato livello di complessità e articolazione che si è ampliato con la nascita del linguaggio verbale.

In tal senso va notato che questo processo evolutivo è possibile grazie alla formazione, nel nostro sistema cerebrale, dei sistemi motivazionali sociali quali il sistema paritetico cooperativo, quelli comunicativi e conoscitivi superiori, dell’intersoggettività e le forme più evolute dei sistemi motivazionali presenti anche negli altri mammiferi: il sistema competitivo del rango, il sistema dell’affiliazione e quello sessuale.

Del resto, questi sistemi motivazionali si attivano all’interno della dimensione interpersonale che caratterizza la vita umana.

Tutto ciò ci dà l’idea dell’importanza che ricoprono il bisogno di accettazione e riconoscimento di dignità della persona.

Va da sé, dunque, che il giudizio sociale assume una rilevante funzione allorquando questo può incidere sulla vita dei singoli individui.

Tuttavia, il giudizio altrui assume una ampia varietà di livelli e importanza. Molte tipologie di giudizio hanno un valore assai relativo e, in molti casi, sono assolutamente ininfluenti.

Va anche tenuto conto del fatto che i giudizi presentano un alto tratto di soggettività e, molti di questi, assumono carattere culturale, ideologico, religioso, situazionale, persino strumentale e speculativo.

Quindi, non tutti i giudizi hanno una reale validità razionale e/o sociale.

Il discernimento tra giudizi che hanno valore oggettivo e quelli privi di valenza reale costituisce una abilità cognitiva che fa la differenza tra la persona assertiva e quella anassertiva, tra le persone soggiogate dall’emotività e quelle che riescono a mantenere un buon controllo razionale sugli impulsi emotivi.

È su questo terreno che si consuma il problema del timore del giudizio negativo altrui, cioè la difficoltà a conferire importanza oggettiva a tali valutazioni, oltre al fatto che, spesso, i giudizi esterni a sé sono solo immaginati e oggetto di pensieri previsionali.

Alla base di questa paura ci sono le credenze di base.

Ma adiamo con ordine. In generale si ha timore del giudizio degli altri per gli effetti negativi che questi possono generare.

“Penseranno che sono stupido/a”; “sarò considerato/a una persona incapace”; “penseranno male di me”; “stanno ridendo su di me”; “penseranno che sono una persona imbranata”; “riterranno che sono una persona sfigata”; “penseranno che non sono alla loro altezza”; “penseranno che non sono meritevole di stare nel loro gruppo”; “pensano che sono noioso/a”; “perché mi guardano? Che stanno pensando di me?”; “la gente è sempre pronta a criticarti”; “gli altri non fanno altro che etichettarti”; “pensano che non appartengo al loro mondo e mi escluderanno”.

Sono alcuni dei pensieri automatici negativi e assunzioni che anticipano la paura del giudizio altrui. I pensieri automatici ricalcano il contenuto delle credenze di base su di sé, su di sé con gli altri e sugli altri. 

Un problema cocente è che gli ansiosi sociali, le persone timide riflettono, inconsciamente, sé stessi e le loro presunte inadeguatezze, negli altri.

È un po' come se vedessero allo specchio il proprio mondo interiore, come se leggessero le cognizioni negative che hanno di sé. Un po' si sentono nudi, trasparenti, come se sentissero che ciò che ritengono, pensano o temono di essere, sia visibile all’esterno.

A esempio, se una persona timida ha una credenza di base che la definisce persona incapace, è portata a pensare che gli altri la giudicano tale.

A volte, il pensiero previsionale, comunque di valutazione, induce anche al senso di colpa. Un po' perché sentono che la timidezza sia una colpa, un po' perché temono di essere fuori dai canoni sociali.

Se andiamo a scavare, ulteriormente, lungo i vari livelli di paura, quello che emerge è il timore della sofferenza: per essere esclusi, per non appartenere al gruppo o categoria sociale cui si vuole o desidera appartenere, per essere condannati a vivere in solitudine, per la perdita di amici o amanti, per finire ad avere una vita priva di affettività. 

In definitiva, si può dire che il timore del giudizio altrui è generato dal sistema di credenze su di sé e dalla paura profonda della sofferenza. 



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