Nella timidezza, come nelle altre forme di ansia sociale, la persona tende a focalizzare sui propri stati interiori le attività di pensiero.
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Elena Vichi - animus |
Anche quando medita sulle proprie esperienze, sui comportamenti altrui, il suo pensiero, le sue valutazioni, ha come riferimento di pertinenza sé stesso, i suoi stati emotivi, le cognizioni inconsce che su sé stesso, su sé con gli altri, sugli altri.
Il suo, è il mondo interiore della propria esistenza. Quando non gli riesce di interagire con gli altri come vorrebbe, è nelle sue credenze di base, sintetiche e perentorie, nelle assunzioni, che cerca risposte.
“Sono una persona fallita”; “sono un inetto”; “sono un incapace”; “sono inferiore agli altri”; “non sono abile a stare con gli altri”; “gli altri mi evitano perché sono una nullità”; “loro mi escludono perché sono egoisti”; “il mondo è per la gente superficiale, non è fatto per quelli come me”.
L’auto focalizzazione è un modus operandi che caratterizza i suoi stati mentali di fondo.
Per la verità il pensare, avendo come riferimento sé stessi è comune a tutti, ma negli ansiosi sociali, questa attività è pervasiva, permanente, egocentrica.
Questo aspetto è da porre in relazione con la personale condizione di sofferenza interiore che pervade tutta la sua vita costantemente, cosa che costringe la persona timida a fare sempre i conti con quelle che considera le sue qualità negative e con le emozioni sia come stati di fondo, sia come processi del momento.
Se le cose non vanno bene, la colpa o è sua o è degli altri: i fattori circostanziali, la casualità, la concatenazione di fattori che esulano dalle qualità proprie o degli altri, non rientrano nei suoi schemi valutativi mentali e ciò anche quando, a livello razionale, riconosce l’incidenza di tali elementi.
Il problema è che nella persona timidezza il pensiero emotivo prende quasi sempre il sopravvento. Il soggetto timido non riesce ad avere il controllo razionale della propria emotività.
Così si verifica quella situazione per la quale, nonostante riesca a comprendere, razionalmente le, o alcune, delle cause della propria timidezza, nell’agire pratico soccombe all’emotività.
Cosa questa che gli procura ulteriore sofferenza che lo induce a confermare e rafforzare proprio quelle credenze disfunzionali che dovrebbe modificare, aggiornare o sostituire.
Focalizzando su sé stessa, la persona timida, perde il contatto con la realtà oggettiva. Senza rendersene conto, le sue risorse attentive si concentrano sulla propria condizione interiore cognitiva ed emotiva, tanto, da non averne a sufficienza per gestire con efficacia ciò che accade, fuori da sé e intorno a sé, nel momento presente.
Ecco, allora, che si presentano quei pensieri automatici del tipo “non ci so fare”; “non so cosa dire”; “se apro bocca dico stronzate”; “se faccio qualcosa mi faccio rosso/a come un peperone”; “loro penseranno che sono stupido/a”.
In definitiva,l’auto focalizzazione nelle ansie sociali è una attività di pensiero pervasivo che rivolge l’attenzione mentale sulla personale condizione mentale ed emotiva con un ampio ricorso alle metacognizioni e che determina uno stato di distrazione e/o assenza, di fondo o temporanea, dalle situazioni in atto nel momento presente.
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