19 novembre 2020


L’eritrofobia è la paura di arrossire. Il suo manifestarsi implica, necessariamente, l’avere una storia di arrossamenti in volto generalmente accompagnati da vampate di calore.


Nicoletta Spinelli - la timida

Mentre le emozioni peculiari dell’arrossire sono la vergogna e l’imbarazzo, quella dell’eritrofobia è la paura del giudizio altrui.

Il timore di arrossire comporta l’innesco di un processo circolare di emozioni: la paura, l’imbarazzo e la vergogna.

La persona timida che ha paura di arrossire, inevitabilmente arrossisce.

Questo accade perché tale timore attiva un flusso di pensieri previsionali che presagiscono l’arrossire come evento certo.

Come in tutte queste forme di pensiero, non esistono probabilità alternative valutate dal soggetto.

La mente del soggetto timido fa riferimento alla propria storia emozionale che è considerata come dimostrazione inoppugnabile di un evento che non può non verificarsi.

Ciò significa che il solo pensiero di arrossire innesca tale fenomeno ansioso ed emotivo.

Va specificato che l’imbarazzo conseguente all’arrossire o l’accorgersi di essere diventati rossi in volto, di per sé, non si configura come eritrofobia, la quale, sussiste solo se la paura di arrossire subentra prima che la persona arrossisce.

Come accennavo, è necessario che tale paura subentra dopo che la mente sia pervasa da pensieri che presagiscono tale evento.

Sottostanti all’eritrofobia e all’arrossire vi sono credenze disfunzionali di base riferite alle qualità del sé. 

Il sentirsi trasparente, l’idea che le personali presunte inadeguatezze possano essere visibili agli altri, è un problema che si riscontra anche in altri aspetti e problemi della timidezza.

Ma quando l’esposizione sociale attiva le credenze disfunzionali del sé innescando livelli emotivi elevati, alle paure più ricorrenti si aggiunge quella della vergogna.

Ciò implica la vergogna di essere persona timida, il pensiero che suscita tale specifica vergogna può non essere avvertita con consapevolezza al momento topico. Più che altro, il pensiero avvertibile coscientemente è quello riferito al timore di essere giudicati negativamente o di suscitare ilarità negli altri.

In genere, il pensiero previsionale si confonde con l’emozione della paura, tanto che la persona timida le avverte come un tutt’uno, per cui, le risulta difficile separare, distinguere tra pensiero ed emozione.

La vergogna di essere timidi è un sentimento che parte dalla considerazione, anche questa spesso inconscia, che la timidezza e l’arrossire siano una sorta di violazione delle norme del comportamento ritenute importanti dal soggetto timido.

Timidezza e rossore al volto sono, talvolta, oggetto di assunzioni e motti per i quali tali condizioni e manifestazioni ansiose siano espressione di debolezza e, in quanto tale, peculiarità negativa della persona.

Quante implicazioni possono esservi nell’eritrofobia, nevvero?

Ciò sta a indicarci la complessità di questo problema.
Il rossore al volto e la sua evoluzione in eritrofobia fanno, dunque, riferimento agli schemi cognitivi disfunzionali riferiti al sé.

L’eritrofobia assume tratti problematici tali che alcuni ansiosi sociali pensano a un intervento di tipo chirurgico per evitare di arrossire. L’intervento chirurgico “chiude” il nervo simpatico che provoca l’arrossire o l’eccessiva sudorazione associata. 
Se l’arrossire è di sola natura biologica, il problema si risolve. Ma se è di natura psicologica, come accade negli ansiosi sociali, nelle persone depresse ecc., il problema che è all’origine del rossore al volto permane, per cui, se non può “sfogare” nell’arrossire, sfocia in altri sintomi di natura psicosomatica. La strada migliore resta la psicoterapia cognitivo comportamentale.



0 commenti:

Posta un commento

Grazie per il commento