È una delle principali cause che conducono al fallimento della psicoterapia.
Nelle ansie sociali, quindi nella anche timidezza, nei disturbi dell’umore (depressione) e non solo, la demotivazione annichilisce la forza di volontà e l’interesse.
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Goa - Acqua amara |
L’ansioso sociale demotivato si sente privo di energie, non vede vie d’uscita, non si percepisce in grado di reagire con efficacia, considera ogni tentativo di cambiare lo stato delle cose, una azione vana.
Il flusso di pensieri negativi assorbe la gran parte delle energie mentali tanto da non averne a sufficienza per il problem solving riguardanti il sé e la propria vita relazionale.
Le cause sono da ricercare sia nella storia emotiva ed esperienziale, sia nell’insieme del sistema cognitivo dell’ansioso sociale.
Col sommarsi delle esperienze di sofferenza vissute a seguito, e nelle interazioni sociali, la persona timida avverte sempre di più un senso di impotenza, l’idea di incapacità personale a districarsi nella dimensione interpersonale.
In tanti ansiosi sociali e persone depresse, a complicare questa condizione, vi è sovente il fatto che nel tempo il soggetto non ha elaborato o coltivato interessi che hanno la capacità di sviluppare la curiosità e articolare la capacità attentiva.
In genere, questo aspetto si è definito quando, soprattutto in età infantile e scolare, il bambino non ha ricevuto stimoli adeguati, o non ne ha avuti a sufficienza, provenienti dalle figure di riferimento.
La demotivazione è, dunque, uno stato mentale ed emotivo che, per lo più, costituisce uno sfondo permanente fuori o tangente allo stato cosciente.
In quanto sfondo del paesaggio mentale, non è percepito con consapevolezza, l’ansioso sociale avverte tale condizione solo per il fatto che si sente privo di stimoli capaci di attivare la sua attenzione e interesse.
Pur non essendo una caratteristica propria, la demotivazione è spesso collegata all’assenza dal momento presente, alla disattenzione verso il mondo circostante.
È difficile, a esempio, vedere un ansioso sociale demotivato interessarsi alla fioritura in primavera e apprezzarne la bellezza. Se solo lo facesse e ne facesse commenti, descrizioni, divagazioni!
La solitudine, la paura verso le relazioni di coppia, la difficoltà a instaurare, o tenere in vita, relazioni interpersonali e/o a inserirsi nei contesti sociali, le carenze affettive, la penuria o assenza di una vita sessuale, l’idea di impossibilità, accentuano e/o alimentano l’insorgere della demotivazione.
La persona che vive questa condizione mentale ed emotiva tende all’auto isolamento spostando, talvolta, le ragioni del fare sui comportamenti altrui, come se attendesse di essere trascinata all’azione dall’iniziativa degli altri. Talvolta, la mancata iniziativa altrui diventa motivo di formazione o rinforzo di credenze sull’altro concepito come indisponibile, non affidabile, ostile.
In questi casi, così come nelle autovalutazioni svalutanti del sé, sono gli schemi cognitivi a indurre a modi del pensare che dirottano i processi mentali valutativi verso pensieri che allontanano il soggetto dalla individuazione delle cause oggettive della propria condizione.
È chiaro che l’ansia sociale in sé, con le credenze di base, intermedie, insieme alle emozioni collegate, è il motore generatore della demotivazione.
Infatti, la demotivazione fa leva sul sistema cognitivo disfunzionale che produce pensieri negativi sul sé, sul sé con gli altri e sugli altri.
Percependosi negativamente, l’ansioso sociale, valuta ogni sua possibile iniziativa votata al fallimento, al rifiuto, al giudizio negativo altrui. È come se un pensiero implicito e “silenzioso” gli dicesse: “Che t’impegni a fare se tutto fallisce?”. Monta la demotivazione.
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