Cercare di fare le cose al meglio delle proprie capacità e possibilità è possesso di senso civico e consapevolezza della propria responsabilità.
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Pieter Bruegel- torre di babele |
In questa trattazione, invece, per essere perfezionisti s’intende quel comportamento e quel modo di pensare, motivato da problemi esistenziali interiori, frequente negli ansiosi sociali e nelle persone anassertive, che consiste nel ritenere che la perfezione sia necessaria ai fini del riscatto sociale.
Le credenze intermedie (derivate da quelle di base) e le assunzioni dettano i modelli comportamentali finalizzati allo scopo dell’accettazione sociale.
Si tratta delle credenze condizionali e di quelle doverizzanti e di assunzioni considerate, dall'ansioso sociale, leggi fondamentali a cui attenersi.
“Devo essere perfetto”; “se non faccio questa cosa alla perfezione, sarà un fallimento”; “se faccio un errore, allora sono una persona fallita”; “non posso fare passi falsi”; “se non sono sempre perfetto, sono uno squallido mediocre”; “non devo mai deludere gli amici sennò mi lasciano”; “solo con la perfezione gli altri non giudicano male”.
Accettazione e perfezionismo sono strettamente legati. Nella timidezza il problema dell’accettazione sociale riveste una importanza primaria ed è vissuta come una necessità assoluta.
Per queste persone, essere accettati significa corrispondere alle aspettative altrui, essere considerate come persone degne di attenzione, amore e rispetto, essere valorizzati, essere degni di far parte di un gruppo o una comunità, avere una vita sociale appagante.
La persona timida che sente di dover essere perfetta, pone come condizione necessaria e obbligata la prestazione ottimale, la performance impeccabile. Il fallimento di questi obiettivi la espongono al giudizio negativo altrui.
Spesso, tale assunzione, è espressione della credenza, per la quale, valore e credibilità personali sono condizionate dal giudizio altrui. Questa cognizione genera uno schiacciamento dell’auto determinazione dell’individuo, dell’autonomia operativa personale e conduce al perseguimento dell’antiscopo.
La cognizione doverizzante del perfezionismo come necessaria e obbligante può raggiungere livelli maniacali, ossessivi e il soggetto è socialmente anassertivo, fattore, quest’ultimo, che lo conduce alla sudditanza, a ruoli subalterni sia in ambito amicale, sia in quello lavorativo.
In sintesi, sottostanti all’idea del perfezionismo possiamo rintracciare assunzioni del tipo:
- L’approvazione e il giudizio altrui determinano il valore personale.
- La mancata perfezione, efficienza, precisione dimostrano l’essere inetti e incapaci.
- È sufficiente un singolo errore come prova di incompetenza, di inadeguatezza.
- Ogni minima sbavatura nella prestazione o nella performance produce l’inevitabile giudizio negativo degli altri.
- Che la propria esistenza è border line oltre il quale c’è il fallimento totale della persona nella sua interezza.
Quale l’origine di tali schemi cognitivi?
Le cause sono da ricercare nell’esperienze di insoddisfacimento del sistema motivazionale dell’attaccamento in relazione all’interazione con le figure genitoriali (o di accudimento) vissute.
Uno stile genitoriale equilibrato è fondamentale per lo sviluppo cognitivo del bambino.
Un genitore, che frequentemente critica negativamente l’operato del bambino, produce la formazione di credenze di base orientate alla definizione del sé come soggetto incapace a fronteggiare le esperienze con efficacia, l’essere di scarso valore, l’essere difettoso, incapace di apprendere o comprendere, essere inferiore agli altri. Una volta divenuto adulto, egli si percepisce imperfetto, con scarse capacità operative.
“Devi fare di più”, “non sei buono a nulla”, “non fai mai le cose giuste”, “sei la nostra dannazione”, “sei la pecora nera della famiglia”, “possibile che non riesci mai a fare le cose come si deve”, “non capisci niente”, “sei un idiota”, “sei un aborto”, “cretino!”.
Un genitore disattento, assente fisicamente o mentalmente, altalenante nel prestare attenzione alle richieste di accudimento del bambino, favorisce il formarsi credenze di base collegate all’idea di essere non meritevole di amore, di attenzione, di interesse da parte degli altri: divenuto adulto egli si sente sul filo di lana, sottoposto al rischio incombente della non accettazione sociale, dell’isolamento, della discriminazione, della solitudine.
Un genitore troppo protettivo impedisce al bimbo di fare esperienze e di sviluppare una equilibrata autonomia, di apprendere modelli relazionali sia in termini di comportamento, sia in quelli del linguaggio. In tali condizioni familiari, egli sviluppa credenze di base centrate sull’idea dell’incapacità, del non saper cosa fare.
Tutti questi modelli genitoriali producono nel bimbo una bassa autostima, insicurezza e un disperato bisogno di accettazione che lo conducono, una volta adulto, a ritenere di dover lavorare molto di più degli altri per meritare stima, accettazione, rispetto, amore.
Il giudizio positivo degli altri diventa, quindi, un fattore fondamentale per la propria affermazione come soggetto sociale.
La perfezione gli appare, spesso, l’unico strumento per evitare una bocciatura sociale, per acquisire credibilità, valore, affidabilità, stima, accettazione, attenzione da parte degli altri.
Per questo, la persona timida, sviluppa assunzioni sulla necessità di essere sempre disponibile, di non dover mai deludere le persone significative sia in ambito familiare, sia in quello amicale, sia in quello lavorativo. Non gli riesce a dire di no, a perseguire i suoi interessi e i suoi bisogni che vengono posti sottostanti a quelli degli altri.
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