15 febbraio 2021


Tra le cause delle ansie sociali, come la timidezza, vi è il mancato o insufficiente apprendimento dei modelli relazionali.

I modelli relazionali riguardano sia il comportamento, sia l’espressione verbale e non di emozioni, sentimenti, idee, pensieri, in breve, la comunicazione interpersonale.

Da. De. - La fatica dell'essere

Ho già scritto, in passato, che la comunicazione è verbale e non, comportamentale.

Tuttavia, quando si parla di modelli relazionali di comunicazione, ci si riferisce a quelli che sono stati appresi durante le esperienze di interazione a partire da quelle in ambito familiare. 

Apprendere tali modelli non è sufficiente per interagire con efficacia nelle relazioni sociali, è necessario che essi vengano esercitati di modo che diventino modi di interazione abituali e agevoli. Non solo, attraverso l’esercizio, si apprende a riconoscere il significato e le intenzioni degli altri quando questi adottano modelli relazionali.

Molti modelli relazionali sono universali, altri sono caratteristici della cultura e la storia di un popolo, una etnia, un gruppo.

Le persone relazionandosi tra loro creano, a loro volta, modelli comunicativi verbali e non verbali. Ciò è ancora più vero all’interno dei gruppi.

Comunque, gran parte dei modelli di relazione si apprendono in tenera età. Già i bambini, relazionandosi tra loro o con genitori e familiari, apprendono modelli di interazione sociale.

Gli ansiosi sociali, quindi, anche le persone timide, per via dei comportamenti (ciò che si dice e quel che si fa) inibiti acquisiti proprio per la loro condizione cognitiva, ansiosa ed emotiva, non apprendono a sufficienza i modelli sociali di comunicazione e, anche quando sono in possesso di tali abilità, non le esercitano.

Il mancato esercizio delle abilità sociali di comunicazione comporta l’arrugginimento delle stesse, tanto da non riuscire a farvi ricorso.

Ogni modello di comunicazione, verbale e comportamentale, per attuarlo bisogna conoscerlo. È una conoscenza che si apprende in diversi modi: l’ascolto, l’osservazione, l’emulazione, l’imitazione, l’associazione per similitudine. In pratica attraverso le esperienze di interazione, dirette o indirette, sia con le figure di riferimento (genitori), sia con gli altri.

Ma cosa compromette l’apprendimento delle abilità sociali?

I genitori troppo protettivi e/o apprensivi, impediscono al bimbo di fare esperienza di socializzazione. L’infante, il fanciullo e l’adolescente poi, non ha l’occasione di apprendere modi di interazione sociale con i suoi pari. 

Nell’età infantile e nella fanciullezza, i genitori sono le figure di riferimento primario dalle quali si apprende a comunicare e relazionarsi. Se i modelli comportamentali e di espressione verbale di tali figure sono carenti, anassertivi, il minore ne assorbe le disfunzionalità facendole proprie. 

La trasmissione genitoriale di motti, assunzioni e leit motiv i cui contenuti sono improntati alla repressione delle espressioni cognitive, emotive e dei sentimenti, rendono quasi impossibile la comunicazione interpersonale.

Il mancato apprendimento delle abilità sociali, tuttavia, non compromette le capacità di apprendere, non determinano bassi quozienti di intelligenza, né sono espressione di incapacità o di ridotte capacità espressive. Il problema è la non conoscenza di modelli relazionali.

Le persone timide, inoltre, avendo schemi cognitivi strutturali disfunzionali, sono pervasi da pensieri negativi, dall’emozione della paura e dall’insorgere dell’ansia, fattori che impedisce loro di esercitare anche quelle abilità sociali di cui sono in possesso.



8 febbraio 2021


Ti è mai capitato che una opportunità, una occasione positiva, non ti riesce di coglierla al volo? Accade soprattutto nelle interazioni con la persona che ci interessa in particolar modo.

Carmen D'auria - s.t.

Spesso non ci si rende neanche conto che tale possibilità ci sia stata, in altre circostanze si coglie il messaggio di disponibilità che viene trasmessa dall’altra/o ma non si agisce, oppure si comprende di aver avuto una occasione solo a posteriori. In tutti questi casi ci si è “bruciati”.

In genere, se il messaggio non colto di disponibilità viene da una donna, dopo alcuni suoi tentativi, la bruciatura diventa permanente.

Per le persone timide questa è una dannazione. Le cause possono essere diverse.

Quando l’attenzione è rivolta a sé stessi, l’ansioso sociale si trova in una condizione emotiva di fondo che comporta una sorta di assenza attentiva verso l’esterno, si è disattenti nel cogliere gli stimoli provenienti dagli altri.

Ciò è ancor più marcato se i messaggi di disponibilità, come accade nella maggior parte dei casi, sono in linguaggio non verbale (espressione degli occhi, dello sguardo, delle posture o movimenti del corpo) o espressi verbalmente in modo non diretto (frasi con senso lato, frasi riferite ad altro, frasi generiche, criptate).

Bisogna tener presente che l’ansioso sociale non ama i linguaggi verbali indiretti, egli ha sempre il bisogno di certezze, di linguaggi che non siano da interpretare ma che contengano la esatta, precisa, chiara e inequivocabile intenzione finale.

Ciò implica che, anche se c’è attenzione verso i messaggi esterni che pervengono, l’assenza di una intenzione espressa in modo diretto (desidero far l’amore con te, ti desidero, mi piaci davvero molto, ecc.) provoca un andare nel pallone. L’ansioso non sa come interpretare il messaggio e tende a propendere per una ipotesi negativa.

Il mancato o insufficiente apprendimento di modelli comunicativi e di interazione comportamentale è un’altra causa di tale problematicità.

L’individuo timido non comprende il significato o l’intenzione dell’altro/a e non si trova, quindi, nella condizione di cogliere il messaggio al momento.

In certi casi, anche comprendendo le intenzioni dell’altro/a, l’ansioso sociale non sa come comportarsi, non sa cosa dire e come dire. Resta bloccato come in una sorta di stato di sospensione dell’azione.

Poi c’è l’assetto cognitivo. Se si hanno credenze di base o derivate, incentrate sull’idea di una personale inabilità, incapacità, di non essere desiderabile, amabile, di essere difettoso nella mente, nel corpo o in entrambe, la persona timida è pervasa dalla paura. Questa emozione di paura può essere di fondo, latente o sentita coscientemente.

Comunque sia, la paura è strettamente collegata con le credenze disfunzionali attivate.

Quindi è paura di non saperci fare, di fallire, è paura di una prestazione inadeguata, di non essere all’altezza della situazione, di essere difettoso/a, di non essere capace di amare.

Le credenze strutturali sono inconsce, giungono allo stato cosciente o attraverso l’emozione della paura, o per vie traverse come nei pensieri automatici di cui, però, difficilmente si è consapevoli di averli avuti. L’ansioso sociale non riesce a separare, e riconoscere, fatti, emozioni e pensieri automatici, li percepisce come un tutt’uno, perdendo oggettività interpretativa.

Quando si attivano le credenze disfunzionali che definiscono il sé come inadeguato, non importa se il messaggio di disponibilità sia chiaro e diretto o indiretto, la persona timida è pervasa dalla paura che, in molti casi, è sentita come emozione di paura generica senza un riferimento alla sua natura causale. In questi casi, prende il sopravvento il comportamento evitante.

L’altro o l’altra, difronte alla mancanza di messaggi o comportamenti che dimostrano una reciprocità di intenti, reagisce con l’allontanamento da sé del soggetto ansioso. Le donne, in particolare, tendono a giudicare negativamente la persona a cui avevano diretto il loro messaggio di disponibilità e di intenzione, chiudendo definitivamente la porta.



1 febbraio 2021


Quando si parla di “esperienze interne” ci si riferisce a tutto quanto perviene allo stato cosciente e diventa oggetto di meta pensiero.

Mauro Massaro -  s. t.

Detto in altri termini, ogni esperienza, di qualsiasi tipo, che viviamo allo stato cosciente e ci induce a pensare a essa, alle emozioni che ci fa provare, a come le proviamo, a come vi reagiamo, a come valutiamo noi stessi in relazione a tali emozioni e all’esperienza stessa, in pratica, a cosa proviamo dentro di noi, produce un rapporto, una relazione tra noi stessi, la nostra mente e l’esperienza vissuta o che stiamo provando.

Nel momento in cui stiamo pensando a quell’esperienza nei termini che ho descritto, noi stabiliamo un rapporto con le esperienze interne.