19 agosto 2021


Molti ansiosi sociali lamentano il problema di non saper procedere, sia in modo verbale, sia in modo comportamentale, in situazioni in cui si ha come obiettivo finale costruire un rapporto di coppia o avere un rapporto sessuale.

Buona parte di queste difficoltà sono legate al corteggiamento.

Paul Delvaux - l' incontro

Il problema non è solo cosa fare o dire, ma anche come interpretare il comportamento, fisico o verbale, della persona con cui si intende interagire.

Il corteggiamento è un insieme di comportamenti che, nella specie umana, si è particolarmente evoluto e articolato tanto da impegnare anche il pensiero astratto.

Ciò implica anche la formazione di processi e apprendimenti culturali che si sviluppano attraverso l’esperienza dell’interazione sociale.

Tuttavia, non va ignorato il fatto che il corteggiamento è una attività che possiamo registrare anche nei mammiferi e negli uccelli e cioè, in tutte quelle forme di vita animale il cui cervello si è evoluto fino a sviluppare l’area limbica o anche sotto corticale.

Questa precisazione è utile per comprendere come il corteggiamento sia, innanzitutto, una attività di origine genetica regolata dai sistemi operativi interni quale quello della sessualità finalizzato non solo alla riproduzione della specie ma anche alla formazione della coppia.

Il corteggiamento è, dunque, una attività dell’istinto che nell’uomo ha acquisito anche forme culturali complesse.

Se è vero che l’uomo è dotato di una coscienza estesa e del lume della ragione, è anche vero che resta un essere appartenente al mondo animale e che la gran parte delle sue attività comportamentali e mentali sono ancora dominate dalle funzioni neurali dell’apparato animale che è in lui.

Solo la neocorteccia (lo strato superficiale del cervello con uno spessore di solo 3 mm!) ci rende umani, ma il resto del cervello è come quello di un qualsiasi altro mammifero.

Piaccia o no, la cultura prodotta dall’uomo non è tale da sovvertire la natura animale della nostra specie. È così allo stato attuale dell’evoluzione della specie umana.

Tuttavia, la mente umana nel momento stesso in cui concettualizza le emozioni e le esperienze, di creare nozioni cognitive sul sé, sugli altri e sul mondo, è in grado di condizionare quei processi automatici che si manifestano nelle emozioni che inducono i comportamenti.

Si tratta, però, di condizionamenti che non vanno a inficiare la natura e le funzioni automatiche dei sistemi operativi interni.
Tali condizionamenti riguardano, fondamentalmente, la psicologia cognitiva dell’individuo.

Le forme espressive umane del corteggiamento si apprendono nell’interazione sociale attraverso le esperienze dirette o indirette.

Una delle implicazioni di quest’ultimo aspetto è che il mancato apprendimento del linguaggio del corteggiamento comporta serie difficoltà sia nel corteggiare, sia nella comprensione dell’altro/a coinvolto/a in tale attività.

La persona che non ha avuto modo di apprendere i modelli comportamentali e verbali del corteggiamento si trova nella condizione simile a quella di trovarsi in un contesto in cui si parla una lingua sconosciuta.

“Cosa devo fare?”; “Non so che dire”; “non so come comportarmi”; “non riesco a comprendere le sue battute e i suoi modi di fare”.

Frasi tipiche di questa difficoltà nel districarsi in un corteggiamento che richiede la conoscenza di modelli comportamentali e verbali correlati a tali attività.

Queste stesse frasi possono esprimere, però, anche l’attivazione dell’inibizione ansiogena.

È qui entrano in gioco le cognizioni strutturali sul sé, sul sé con gli altri e sugli altri.

Una persona che ha credenze sul sé come soggetto in qualche modo inadeguato, nel momento in cui tende ad approcciarsi all’altro/a oggetto del suo interesse, è pervasa da emozioni di paura.

I suoi pensieri automatici previsionali sono orientati alla negatività, all’idea del fallimento, di subire un rifiuto, di essere allontanati, di essere oggetto di scherni, di essere giudicati negativamente, di non essere in grado di una buona performance o prestazione, di non essere sufficientemente attraente.

L’insieme di questi pensieri negativi e previsionali assorbono una gran parte delle energie mentali e psichiche, tali da ridurre drasticamente quelle necessarie a una modalità di problem solving.

Si tratta di una negatività del pensiero mentale che innesca l’inibizione ansiogena per cui il soggetto si blocca sulla sola esistenza del problema senza che la mente riesca a procedere oltre.