27 settembre 2021


Il nostro cervello tende sempre a economizzare e, spesso, crea delle vere e proprie routine, sia a livello di pensiero, sia nei comportamenti. In questo modo molte delle nostre attività vengono svolte senza che vi sia bisogno di una attività di pensiero cosciente.

Walter Molino - Vita nel 2022

Queste routine cerebrali, non attinenti ai sistemi automatici dell’organismo biologico, si formano per effetto di una continuata reiterazione di tipi di pensiero o di comportamenti; diventano, nel tempo, abitudini che acquisiscono carattere automatico.

Nella nostra vita quotidiana ci capita spesso di eseguire comportamenti automatici o di avere pensieri automatici. Abbiamo anche creato un tipico modo di dire per descrivere questi atti, “ho messo il pilota automatico” o “sono andato col pilota automatico”.

In altri termini, quando adottiamo un comportamento abitudinario per molto tempo, questo diventa automatico.

L’abitudinarietà e l’automaticità di determinati comportamenti vanno anche a definire quello che viene chiamato “carattere”.

Infatti, il carattere di una persona è l’insieme dei comportamenti abituali acquisiti.

Benché il “pilota automatico” sia uno strumento della nostra attività cerebrale con lo scopo di ridurre il proprio carico di lavoro nel livello cosciente, ha anche il rovescio della medaglia: non esiste un processo di selezione tra comportamenti funzionali e disfunzionali.

Nelle ansie sociali il comportamento è fortemente influenzato dagli schemi cognitivi, dalle emozioni, dalla ansia e dal pensiero emotivo.

Ciò implica che un comportamento ansioso e disfunzionale continuamente reiterato nel tempo diventa, esso stesso, abituale e automatico.

Quante volte, a posteriori, ti sei reso/a conto di aver avuto, in una determinata situazione, un comportamento irrazionale ma che hai già ripetuto in altre precedenti esperienze?

“Faccio sempre la stessa stronzata”, “alla fine mi comporto sempre allo stesso modo”, “non faccio che commettere sempre lo stesso errore”.

La persona timida tende ad avere comportamenti finalizzati a interrompere i flussi di paura e di ansia propri del circolo vizioso della timidezza e delle altre ansie sociali. Questi comportamenti hanno sempre lo scopo di evitare quelle esperienze che, nei pensieri previsionali, presagiscono sofferenza emotiva e/o sociale.

Quindi pone in atto il comportamento evitante (fuga, distanziamento, ritiro sociale, scena muta, estraniazione, evitamento dell’esperienza) o ansioso.

Poiché gli stati ansiosi, le emozioni e i flussi di pensiero negativo fanno parte della quotidianità della persona ansiosa, tutti questi comportamenti sono posti in essere con assoluta continuità, cioè sono ripetuti innumerevoli volte. Questa reiterazione li rende automatici.

L’automaticità del comportamento evitante, o comunque ansioso, fa sì che possa non esserci consapevolezza immediata di ciò che si sta facendo in quel preciso istante. In alcuni casi, tuttavia, la coscienza di attuare un comportamento disfunzionale c’è ma non è comunque sufficiente per azioni alternative in quanto emozioni e ansia prendono il sopravvento a danno dei processi razionali.

L’attuazione di un comportamento evitante produce la cessazione dello stato d’ansia e dell’emozione della paura in quanto non c’è più il rischio del pericolo previsto. Questo è un uno dei fattori che rendono abituali e, quindi, automatici i comportamenti evitanti.

L’ansioso sociale è sotto il fuoco incrociato dei processi automatici (comportamentali e di pensiero), dei sistemi cognitivi disfunzionali del sé, degli stati emotivi e ansiosi.




0 commenti:

Posta un commento

Grazie per il commento