Il comportamento, nei contesti sociali, assume anche la caratteristica di essere una forma di comunicazione.
È ben più antica del linguaggio verbale, oltre che nell’uomo, è rintracciabile in tutto il mondo animale.
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Dorota Górecka - foto |
Attraverso il comportamento gli esseri viventi sono in grado di intuire l’intenzionalità degli altri e trasmettere quella propria.
Questa forma di comunicazione, nel mondo animale e umano, è particolarmente evidente nel corteggiamento e nella lotta per il rango già prima dello scontro fisico. Le legioni romane battevano le loro armi sullo scudo per apparire più forti e intimorire i nemici.
Tuttavia, il comportamento non esprime, necessariamente, le reali intenzioni di un individuo. Buona parte del nostro comportamento si configura come comunicazione involontaria o inconsapevole.
In effetti, la funzione naturale del comportamento è di adattamento all’ambiente finalizzato a garantire le migliori condizioni di vita.
Nelle ansie sociali, il comportamento, inteso come forma di comunicazione, è particolarmente influente nelle relazioni interpersonali.
Nelle relazioni interpersonali, il comportamento, inteso come forma di comunicazione, può fare la differenza tra la riuscita o l’insuccesso nei rapporti relazionali e, di conseguenza, nella qualità della vita sociale.
Un comportamento è funzionale quando permette di raggiungere gli obiettivi perseguiti.
Ciò significa che non sempre un comportamento sorretto da un’idea di giustezza, dalla ragione etica, sia di per sé funzionale: nessuno si sogna di sfidare fisicamente un colosso muscoloso per il fatto di avere ragione!
Un’altra implicazione del concetto di comportamento funzionale è che, come mezzo di comunicazione, sia capace di essere interpretato dagli altri secondo quelle che sono le proprie intenzioni desiderate.
Come ho più volte scritto, non è possibile non comunicare.
Qualsiasi nostro comportamento comunica, all’esterno, qualcosa di noi, che lo si voglia oppure no.
Nelle ansie sociali, questa intrinseca natura comunicativa del comportamento costituisce un vero e proprio problema.
Gli umani non sono dei, perciò, non hanno il potere di leggere nel pensiero altrui.
Noi possiamo solo interpretare, dare un senso e un significato ai comportamenti che vediamo e alle parole che ascoltiamo.
Tuttavia non si tratta di un processo elaborativo della mente capace di offrire la certezza della giusta interpretazione.
Infatti, noi interpretiamo gli eventi e gli oggetti della comunicazione in funzione della nostra personale storia esperienziale, emotiva e culturale; del nostro modo soggettivo di pensare; del nostro stato emotivo del momento per cui, per quest’ultimo aspetto, un comportamento A di oggi posso interpretarlo nel modo X, ma lo stesso comportamento A domani potrei interpretarlo nel modo Y.
Ciò nonostante, molti comportamenti assumono significato universale. Ciò accade quando un comportamento rientra nella casistica della nostra conoscenza implicita (conoscenza innata).
Un comportamento passivo ci induce a pensare alla persona in questione come a un soggetto relazionalmente debole, o privo di personalità, o con evidenti problemi di socialità.
Un comportamento evitante, poniamo in chiave di corteggiamento, può farci pensare a quella persona come a un individuo poco interessato, o senza “carattere”, oppure problematico.
Un comportamento troppo riservato, magari sulla difensiva o che mantiene le distanze, ci trasmette l’idea di una persona chiusa in sé stessa, oppure diffidente e che non ripone fiducia nella nostra persona, oppure addirittura asociale nel senso di non essere interessata agli altri.
Nelle ansie sociali il comportamento è condizionato dall’insieme dei pensieri strutturali di base, di quelli derivati, dall’insorgere dell’ansia, dall’emozione della paura.
Va anche detto che, negli ansiosi sociali, molti di questi comportamenti condizionati hanno carattere abitudinario e, quindi, sono attuati in modo automatico.
Un comportamento condizionato da schemi cognitivi disfunzionali diventa anch’esso, a sua volta, disfunzionale.
Un comportamento disfunzionale rende difficile, se non impossibile, l’instaurazione di rapporti interpersonali soddisfacenti.
Inoltre, gli altri che entrano in relazione soggetto ansioso sono indotti a incomprensioni e alla formazione dell’idea riguardante la persona ansiosa falsata dalla difficoltà interpretativa del suo comportamento.
In altre parole, il distanziamento e l’allontanamento dalla persona timida non è, necessariamente, da addebitare agli altri, ma al comportamento disfunzionale del soggetto ansioso.
Purtroppo, difficilmente la persona timida ha la consapevolezza di assumere comportamenti non funzionali alla socialità e, in questi casi, tende a conferire, agli altri, colpe che non hanno.
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