Il problema principale degli ansiosi sociali è costituito dalla difficoltà a relazionarsi con gli altri. Le conseguenze si misurano nelle poche e nulle amicizie, nell’assenza di una vita sessuale, nella problematicità a costruire rapporti di coppia, nelle difficoltà a rapportarsi nei luoghi di lavoro, nelle scene mute durante le discussioni, nel non riuscire a iniziare o mantenere una conversazione.
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I fattori causali di tale problema risiedono, sostanzialmente, negli assetti cognitivi di base riguardanti il sé, il sé con gli altri, gli altri; nel mancato apprendimento, o mancato esercizio, di modelli relazionali.
In particolare, il mancato apprendimento o esercizio dei modelli relazionali è, spesso, conseguenza delle cognizioni disfunzionali di base.
I fattori causali innescano una serie di processi emotivi e comportamentali che complicano, ulteriormente, la vita relazionale della persona timida.
Tra i processi emotivi principali non possiamo che annoverare l’emozione della paura e l’innesco dell’inibizione ansiogena.
Nel momento in cui una persona timida si rapporta o avverte l’intenzione di rapportarsi agli altri, si ritrova con la mente è pervasa da un flusso di pensieri automatici negativi che, il più delle volte, sfuggono alla sua attenzione cosciente e consapevole.
In un tale quadro mentale, la storia esperienziale del soggetto svolge un ruolo che inasprisce la negatività espressa dai flussi di pensiero.
È chiaro, che in una storia fatta di una somma di esperienze vissute negativamente e memorizzate come esperienze emotive di sofferenza costituiscono un insieme di elementi che, nelle elaborazioni mentali di valutazione, esprimono la forza, la potenza accorrente della capacità condizionante del sistema strutturale delle cognizioni.
Le delusioni amicali e/o di coppia, il fallimento nelle relazioni interpersonali, partecipano alla conferma e al rinforzo delle cognizioni disfunzionali di base o derivate.
Con un sistema cognitivo di segno negativo i comportamenti non possono che essere disfunzionali. Il ritiro sociale, le scene mute, gli evitamenti, le fughe, ne sono l’espressione più evidente.
Essendo l’aspetto esterno della condizione interiore, il comportamento e le mimiche facciali sono ciò che appare, in tutta la sua evidenza, agli occhi degli altri.
D’altra parte, l’essere umano, non avendo la capacità di leggere nel pensiero altrui, può costruire una propria idea dell’altro solo su ciò che appare.
Quest’ultima osservazione è la ragione principale per la quale i comportamenti delle persone timide si trasformano in fattori di allontanamento e di crisi nei rapporti interpersonali.
Nei casi in cui un ansioso sociale ha maturato cognizioni strutturali che conducono alla mancanza di fiducia negli altri, all’idea dell’altro come vipera, traditore, bugiardo, falso, i suoi comportamenti non possono che riflettere all’esterno un tale apparato cognitivo ed essere, quindi, anche percepiti dagli altri con immaginabili conseguenze.
Un tale sistema cognitivo può comportare anche la formazione di una distorsione cognitiva come quella del mito dell’amico che implica l’idea che l’altro debba sempre e comunque mostrarsi disponibile e persino avere la capacità inumana di intercettare i pensieri che fluttuano nella mente del soggetto ansioso.
La persona timida, vivendo una condizione di sofferenza interiore, si trova costantemente sotto gli influssi negativi del non soddisfacimento del sistema motivazionale dell’attaccamento.
Per questa ragione il bisogno di vicinanza, conforto, solidarietà, complicità, acquisiscono una rilevanza molto potente che spinge il soggetto timido a riporre attese eccessive nel comportamento altrui. Il problema è che anche gli altri hanno una propria vita e propri bisogni.
Fattore che, purtroppo, sfugge alla valutazione dell’individuo timido troppo preso da un’eccessiva focalizzazione su sé stesso.
Con un sistema cognitivo incentrato sull’idea di una propria inadeguatezza, la persona timida vive gli insuccessi relazionali come colpa o come vittima di un fato contrario. Condizione mentale che la conduce a un giudizio negativo di sé o a considerarsi come persona sfigata.
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